La Via Lattea d’Abruzzo (n°5): Grana d’Abruzzo Gran Sasso

La Strada dei Formaggi d’Abruzzo: grana d’Abruzzo Gran Sasso

Via Lattea (immagine by David Giovannoli)

(vedi Intro)

Secondo National Geographic, Rocca Calascio è uno dei Castelli più belli del mondo, non tanto per la sua struttura ma, a differenza degli altri, per lo straordinario circondario nel quale è incastonata la sua rocca. Ma non è solo lo scenario del Tibet d’Abruzzo o la fiabesca fortezza di Ladyhawke ad eccellere perché, qui, all’interno delle grotte della rocca sulla quale poggia il castello, si produce uno straordinario ed insolito formaggio. Entrerà anche questo a far parte della lista dei 15 formaggi più buoni del mondo?  Siamo andati a verificare…

Castello di Rocca Calascio (foto by David Giovannoli)
Oratorio di Santa Maria della Pietà a Rocca Calascio (foto by David Giovannoli)
Locandina del film di “Ladyhawke” (foto by Medievaleggiando)

Questa volta il nostro viaggio attraverso la Via Lattea d’Abruzzo alla scoperta della nostra 5° stella, ci ha portato ad “arroccarci” nel piccolo ma incantevole borgo dove domina il Castello di Rocca Calascio e dove si realizza un prodotto caseario unico nel suo genere: un grana d’Abruzzo chiamato Gran Sasso. Un formaggio che per le sue forme e per la sua compattezza rimanda, una volta tagliato, niente di meno che alla rocca dalla quale prende vita. Unico perché non ha eguali: un processo di stagionatura simile al più famoso ed internazionale Grana Padano ma con una peculiarità tutta abruzzese: l’utilizzo del latte crudo di Pecora al 100%.

Grana d’Abruzzo Gran Sasso foto 1 (foto by David Giovannoli)
Grana d’Abruzzo Gran Sasso foto 2 (foto by David Giovannoli)

Ai piedi dell’incredibile Castello che tutto il mondo ci invidia, siamo stati accolti dall’ideatore di questa preziosissima opera culinaria, Federico Faieta, nell’attività di ristorazione che ha deciso di avviare rilevando una delle tante storiche dimore del borgo poggiato sulla roccia sottostante, la “La Taberna di Rocca Calascio“. E qui, all’interno di questa antica dimora, si nasconde una delle grotte nelle quali avviene l’affinamento del grana d’Abruzzo Gran Sasso, scavata nella parete rocciosa che fa da fondamenta all’antico edificio. Luoghi, questi, dove i pastori della montagna del Gran Sasso, soprattutto nei periodi nei quali non erano via per la transumanza, grazie al microclima ideale, da secoli e secoli hanno imparato ad affinare la loro arte casearia con sapiente dovizia, e dove, grazie agli attuali proprietari, si continua a perpetrare questa antica pratica.

Il titolare Federico Faieta con le forme ancora intere di Gran Sasso (foto by Virtù Quotidiane)
Grotta di stagionatura del Gran Sasso (foto by David Giovannoli)
Gran Sasso e altri prodotti in vendita a “La Taberna di Rocca Calascio” (foto by David Giovannoli)

La storia del grana d’Abruzzo Gran Sasso è simile a quella del lieto fine raccontata nel film di Ladyhawke: così come una volta sventata la maledizione, il cavaliere che di notte si trasformava in lupo e la dama che di giorno si trasformava in falco riescono ad incontrarsi coronando la loro incantevole storia d’amore (Sempre insieme, eternamente divisi. Finché il sole sorgerà e tramonterà. Finché ci saranno il giorno e la notte”), una volta messi da parte i campanilismi che contraddistinguono la Sardegna e l’Abruzzo, i due più acerrimi rivali per quanto riguarda la produzione dei migliori pecorini d’Italia, le due tradizioni casearie finalmente si incontrano dando vita allo straordinario grana d’Abruzzo Gran Sasso.

Grana d’Abruzzo Gran Sasso foto 3 (foto by David Giovannoli)
Grana d’Abruzzo Gran Sasso foto 4 (foto by David Giovannoli)
Grana d’Abruzzo Gran Sasso foto 5 (foto by David Giovannoli)

Il grana d’Abruzzo Gran Sasso, infatti, viene fatto con latte di pecora razza sarda e affinato nelle grotte di Rocca Calascio in Abruzzo con particolari condizioni microclimatiche. Un proficuo connubio da cui prende vita un formaggio a pasta dura a stagionatura di almeno 30 mesi. 

Lo abbiamo assaggiato, dunque, e, seppure non siamo in grado di affermare se il grana d’Abruzzo Gran Sasso sia effettivamente uno dei 15 migliori formaggi del mondo, possiamo affermare con certezza di esserci imbattuti in uno dei prodotti caseari più buoni in assoluto!   

 

Scopri le Stelle della Via Lattea d’Abruzzo: 1. Pecorino di Farindola2. Canestrato di Castel del Monte, 3. Cacio Marcetto di Castel del Monte, 4. Caciofiore aquilano, 5. grana d’Abruzzo Gran Sasso

 

Eccellenza d’Abruzzo n. 56 – Palena (CH): il Castello Ducale

Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo.  Oggi Abruzzomania, con la rubrica Eccellenze d’Abruzzo, presenta la sua 56° Eccellenza, quella del comune di Palena in provincia di Chieti, con il Castello Ducale. Ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione, per cui ne mancano all’appello 249, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.

 

Il castello ducale di Palena detto un tempo anche Castel Forte, risale al XII secolo, ma fu alterato nell’epoca cinquecentesca con l’ampliamento della struttura. I primi insediamenti normanni risalgono all’XI secolo a Palena, e originalmente il castello ducale era solo una torre di controllo, poi ampliata con la costruzione della struttura difensiva. E’ posto su di uno sperone roccioso sul punto più alto dell’abitato e spicca nel contesto del paese per la sua mole nella parte più alta del centro storico di Palena, il fortilizio si articola su tre livelli con un giardino pensile ed un  terrazzo panoramico: presenta un corpo centrale intorno al quale si sviluppano due ali laterali.

Questa antica roccaforte è in realtà giunta a noi in forme più riconducibili alla tipologia del palazzo fortificato che a quelle di un vero e proprio castello. Oggi il palazzo è caratterizzato da una pianta rettangolare irregolare, che si rivela frutto di aggiunte e trasformazioni secolari. Esternamente le cortine murarie leggermente scarpate, sono l’unico elemento che ancora ne rivela l’origine militare, mentre altri elementi, come le file di ampie finestre e la loggetta sull’avancorpo, ne danno l’immagine di una residenza nobiliare sobria ma elegante.  Maestoso, superbo, solitario, si erge sull’erta roccia e più volte è stato restaurato a causa della vetustà, di vicende belliche e terremoti, perdendo così la sua originale caratteristica costituita dal sontuoso palazzo feudale e dal “maschio”. Resta soltanto la “loggia” che si affaccia sopra la roccia a strapiombo».

La Torretta di Controllo fu costruita circa nel 1956, nel piazzale del cortile del castello ducale, con l’aggiunta di merlature, di quattro orologi per ciascuna facciata, e una cella campanaria sulla sommità per suonare le ore, quando la giunta comunale decise di abbattere la vecchia torretta di guardia della piazza della chiesa di San Falco, perché giudicata pericolante dopo i bombardamenti nazisti. Tale fatto non è mai stato chiarito, in quanto alcune parti sostenevano che la vecchia torre fosse in perfetto stato. Ciononostante la torre fu demolita, e di essa oggi rimane solo un arco, e la nuova torre fu costruita, in aspetti architettonici medievali, nel piazzale del cortile del castello ducale.

La prima testimonianza che attesti l’esistenza del Castello risale all’anno 1136: sorto probabilmente su un antico tempio dedicato alla dea Cerere, dea della terra e della prosperità, per successivi ampliamenti l’originario fortilizio, ha assunto l’aspetto di una struttura complessa. La storia e la leggenda narrano che le origini del castello vanno probabilmente rintracciate nel pieno Medioevo. Sorto nel periodo dell’invasione normanna, le cronache ci riferiscono che intorno all’anno 1000 era signoreggiato da un Matteo di Letto. Durante il periodo svevo, il castello era signoreggiato dal conte Tommaso di Caprofico, ghibellino, che sebbene fosse stato un ardente sostenitore di Federico II, era un fervente religioso. Si racconta che nel 1216 queste mura ospitarono il Poverello di Assisi, San Francesco, che si dirigeva da Guardiagrele a Castelvecchio Subequo. Il suo passaggio rimase per sempre nella memoria del paese e di coloro che lo governarono a tal punto che Florisenda, la figlia del Conte Tommaso Vinciguerra,  che qui nacque nel 1239, ispirata dal poverello di Assisi. Florisenda crebbe nello spirito cristiano e, morto il padre, la vocazione alla vita monastica si fece via via più ardente. Celando un particolare disegno nel suo cuore, Florisenda chiese ai suoi fratelli di poter avere la parte di eredità lasciatale dal padre che comprendeva, fra le altre cose, la terza parte del castello di Forca Palena. Con questa proprietà, e 360 once d’oro ottenute dalla madre, Florisenda si recò a Sulmona, dove acquistò un edificio, ancora esistente in piazza Garibaldi, in cui nacque una comunità di Clarisse di cui ella stessa divenne badessa, il convento di Santa Chiara.  Florisenda dovette combattere contro l’avversa volontà dei suoi fratelli che in tutti i modi tentarono di riappropriarsi della parte del castello di Forca Palena di sua proprietà: nonostante l’intervento del Vaticano a difesa delle prerogative della badessa Florisenda e del suo convento, la contesa si protrasse a lungo; il 15 gennaio 1305 Carlo II d’Angiò confermò alle clarisse la donazione dell’eredità di Florisenda, ragione per la quale l’area del castello di Forca Palena prese il nome di Quarto di Santa Chiara.

Oltre ad offrire ottima sicurezza di dominio, il catello era il centro residenziale della Contea omonima, l’antico Palatium in Domo, cioè terra dominicana.  Al XIV secolo risale il dominio dei conti di Manoppello, al XV quello dei Caldora e dei Conti di Capua, ed infine dei D’Aquino che ne rimasero proprietari fino al 1807. Le origini del castello vanno probabilmente rintracciate nel pieno medioevo dal momento che Palena, già dall’anno mille, viene ricordata come feudo di Matteo Da Letto. In seguito la struttura passò nelle mani delle più importanti famiglie feudali della zona: dai conti di Valda, ai Conti Borrelli, dai Mallerius ai conti di Sangro, che apportarono notevoli modifiche alla struttura. Nel 1269 Carlo I d’Angiò donò il castello al feudatario Sordello da Goito, reso famoso da Dante Alighieri per averlo inserito nel Purgatorio della Divina Commedia. Nel XIV secolo il castello passò nelle mani dei duchi di Manoppello, e successivamente dei Caldora e dei Di Sangro. In quei secoli iniziarono a circolare crude leggende riguardo alle camere di tortura situate nei sotterranei della roccaforte, nel cuore dello sperone roccioso dove la struttura poggia.

La roccaforte, nel periodo Settecentesco e Ottocentesco fu usata come prigione per i ribelli, e venne soprannominato Castel Forte, e gli ultimi padroni furono i baroni di Colledimacine, prima che il castello, nel Novecento, venisse definitivamente abbandonato. Terribili sono le leggende sulle prigioni del maniero.  Intorno a questo storico maniero dell’antico Abruzzo Citeriore, cupe notizie si diffondevano a terrorizzare i servi della gleba: tetre prigioni dove si torturavano esseri umani e si commettevano nefandezze inopinabili; ancora oggi nei due angusti sotterranei del Castello ove venivano rinchiusi i rei e sul pavimento è ancora visibile il triste telaio dei condannati, il “trabocchetto”  un orrido buco che inghiottiva i condannati a morte che  venivano fatti precipitare dalla roccia per circa quaranta metri.

Nel secolo scorso il castello di Palena fu assai trascurato, e subì vari danneggiamenti tra cui la distruzione dei torrioni, del maschio e del belvedere dovute al terremoto del 1933 e alle incursioni naziste durante la Seconda guerra mondiale, nel 1944. Nel decennio successivo il castello fu restaurato, nella sua forma originaria, senza i torrioni, e assunse fama quando divenne museo, infatti oggi il castello Ducale è oggi sede del Museo Geopaleontologico Alto Aventino  e della “Casa degli artisti e degli uomini illustri di Palena” e al suo interno vengono periodicamente organizzate attività didattiche e ludiche per bambini su temi legati  alla conoscenza del territorio. I visitatori del borgo possono lasciare i figli al castello per partecipare alle varie iniziative proposte giorno per giorno e prendere contemporaneamente parte ad altre attività dedicate agli adulti. I terremoti del 1706 e del 1933 ferirono profondamente il complesso, cui la seconda guerra mondiale non risparmiò danni e distruzioni, ma oggi il Castello ducale, dopo una lunga campagna di restauro è tornato a nuova vita.

Fonti

Foto by Abruzzomania – comune.palena.ch.it – abruzzocitta.it

Castello ducale di Palena – Wikipedia

Palena – Wikipedia

Castello Ducale – Comune di Palena

Castello Ducale – Palena (Ch) | Regione Abruzzo | Dipartimento Sviluppo Economico – Turismo (abruzzoturismo.it)

Palena in Tasca – Castello Ducale

www.provincia.chieti.it

www.regione.abruzzo.it