Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo. Oggi Abruzzomania, con la rubrica Eccellenze d’Abruzzo, presenta la sua 55° Eccellenza, quella del comune di Montefino in provincia di Teramo, con il Borgo Medievale. Ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione, per cui ne mancano all’appello 250, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.
“Scendendo da Bisenti verso Castiglione, sulla sinistra, come nido feudale, le povere case di Montefino…”. Così una guida del Touring di oltre mezzo secolo fa descriveva il piccolo borgo di Montefino dalle abitazioni per lo più in pietra grigia, molte delle quali persino non intonacate, ma comunque affascinanti a vedersi, aggrappate come sono le une alle altre e circondate da spessi muraglioni di sostegno. Depliant turistici d’epoca la definivano ‘città del silenzio’, forse alludendo alla laboriosità degli abitanti del borgo che, impegnati nell’ardua impresa di coltivare un terreno profondamente segnato dal fenomeno erosivo dei calanchi, risultavano poco disponibili alle cosiddette ‘chiacchierate di cortesia’.
Montefino, antica “Monte Secco” come si rileva da un documento dell’anno 1019, sorge a 375 metri sul livello del mare, su un’altura scoscesa lungo la valle del Fino che conserva l’aspetto del borgo incastellato. Il borgo, che vanta origini antiche, incerte e avvolte nel mistero, risalenti all’epoca dei Sabini in cui è stata ipotizzata una presenza umana, è caratterizzato da una struttura tipica dei siti difensivi di epoca medioevale e domina il versante nord del percorso del fiume Fino, e ancora oggi è raggiungibile attraverso un’unica strada, tortuosa e piuttosto ripida. Nel tessuto edilizio sopravvivono, soprattutto nella parte più alta del colle, case databili tra il XVI e il XVIII secolo, le più antiche in pietra con architravi lignei alle aperture. Dell’antico castello resta in piedi un torrione quadrangolare con basamento a scarpa assai manomesso e pochi altri lacerti. Le murature sono in pietre semi lavorate, disposte a ricorsi regolari con poca malta. Il vano terragno della torre è coperto da volte a crociera e la struttura è databile al XIV secolo.
Più in basso sopravvivono a tratti le mura che racchiudevano il borgo e si nota un torrione rotondo dove una più antica struttura in pietrame appare inglobata nelle muraglie in laterizio della cinta fortificata di epoca successiva (XV-XVI secolo), della quale si notano i beccatelli e le caditoie. Di questa cinta fa parte anche la Porta da Pié ad arco ogivale e possenti travature lignee. Le date settecentesche che si rilevano su due mattoni probabilmente testimoniano restauri e risarciture dell’epoca. Anche da questa parte del paese le antiche mura furono inglobate dal muraglione di sostegno moderno realizzato intorno al 1935. In via dei Pensieri si notano, rimessi qua e là in opera nelle mura, alcuni pezzi erratici, provenienti con ogni probabilità da una chiesa diruta del paese: un blocco con scolpita una rosetta a sei petali e un frammento di parasta con decoro a motivo vegetale possono anche risalire al XII secolo, e un blocco con testina d’angelo sormontata da un fregio ad ovoli del XVI-XVII secolo.
Oggi l’unica testimonianza di quei tempi remoti è un tratto di strada nei pressi del fiume, probabilmente facente parte del tracciato della via che collegava Teramo alla potente Roma, passando per Monte Giove e Bisenti, fino a Penne. La prima notizia storica del paese risale all’età normanna, e precisamente al 1150: un documento di quell’anno, infatti, riferisce di un centro denominato Castellum Montis Sicci, specificando che apparteneva alla contea di Penne e che si trattava di un feudo del conte Roberto di Aprutio di appena 65 abitanti. Un altro documento, questa volta del 1273, ne parla invece come di un paese chiamato Mons Siccus (Montesecco), forse alludendo alla mancanza di sorgenti d’acqua. Certo è che nel 1454 l’odierna Montefino diventa feudo degli Acquaviva, che fecero restaurare il castello e le fortificazioni murarie.
Ancora oggi Montefino, nonostante il recente sviluppo commerciale e industriale, conserva l’umiltà che gli deriva dalla storia e dalla tradizione contadina, e passeggiare per i vicoli e le piazzette del suo bel centro storico è un’esperienza interessante che consente di riscoprire tutto il gusto e il fascino del passato. Di storia e tradizione contadina, Montefino custodisce gelosamente le sue antiche tradizioni, caratterizzandosi soprattutto per la produzione artigianale di sedie e cesti in vimini, a cui ancora oggi si dedicano molti degli anziani del paese ancora con la stessa passione e lo stesso orgoglio di un tempo seguendo le stesse tecniche e gli stessi rituali in uso da centinaia di anni e ad aiutare questo ‘ritorno ai bei tempi che furono’ è anche il mantenimento delle antiche tradizioni, come la coltura delle piante di ulivo, il ricamo su stoffa, le lavorazioni all’uncinetto. Uno spettacolo da non perdere, infine, è lo splendido panorama sulla vallata del Fino e i dintorni, ammirabile dalle varie terrazze esistenti in paese a giro d’orizzonte.
Da ammirare nel borgo la Chiesa della Madonna del Carmine del XIV secolo, chiesa antica che fu fondata nell’XI secolo e poi rimaneggiata nel Medioevo. I resti della vecchia chiesa si vedono da una parte della muratura a scarpa in cui è in rilievo un angelo, sono stati ristrutturata in forma barocca. Il portale della facciata è semplice con architrave e timpano ed il campanile è a torre. Poi troviamo la Chiesa di San Giacomo Apostolo del XVII secolo, che fu costruita in epoca romanica ma oggi è del tutto barocca che quasi nascosta tra le case del paese, rappresenta una piccola perla riservata ai veri intenditori, in grado di apprezzarne a fondo ogni singolo dettaglio.. Ancora oggi all’esterno della parrocchia è possibile ammirare, ben conservata, la traccia più importante e significativa del suo passato: lo splendido portale cinquecentesco proveniente dalla vicina Abbazia dei Celestini, oggi abbandonata, sita nell’area cimiteriale del borgo. Si comprende che non sono le sue qualità architettoniche a fare di questo luogo di preghiera una meta imperdibile per chi si trova a passare nella Valle del Fino, quanto i ‘tesori’ che custodisce al suo interno. Tra questi i bei reliquiari del ‘600 di scuola spagnola, tutti in legno dorato, tra cui ne spicca uno raffigurante lo stesso S. Giacomo con una Bibbia nella mano sinistra, sormontata da un’immagine del paese di Montefino. Da evidenziare la presenza di una preziosa croce processionale (croce astile) quattrocentesca, in rame dorato e argento, opera di Nicola Gallucci da Guardiagrele, gelosamente custodita dal parroco, la reliquia più preziosa del paese che rappresenta il bene di maggior valore di questo piccolo borgo, tanto che viene esposta ai fedeli solo in occasione delle principali festività religiose.
Chiudiamo la carrellata delle bellezze di Montefino con il castello degli Acquaviva che pur danneggiato da una serie di forti terremoti, conserva tuttavia una bella struttura caratterizzata dall’imponente torrione cilindrico. Nel 1454 Montefino divenne un feudo dei duchi Acquaviva di Atri, che fecero restaurare le fortificazioni murarie e l’antico castello. Di questo oggi resta un’unica traccia, rappresentata dal torrione a pianta quadrata con spesse mura che svetta sulla sommità del paese e al di sotto di questa fortezza che, su terrazze, si sviluppa il centro abitato, di cui fanno parte anche la Chiesa di S. Giacomo e un secondo castello, più recente, che, edificato dagli stessi duchi feudatari sul finire del XV secolo, prende il nome appunto da quella nobile famiglia, essendo noto proprio come Castello degli Acquaviva. Discretamente conservato, si estende attualmente sul versante est della odierna Montefino, sopra uno sperone di tufo, in una posizione decisamente panoramica, e può vantare ancora oggi una bella e consistente struttura, in gran parte corrispondente all’impianto originario. L’elemento più caratteristico è senza dubbio il torrione angolare cilindrico molto simile a quello del Castello di Cellino Attanasio, dotato di apparato a sporgere che rende la struttura, già di per sé imponente, visibile sin da lontano per chi, dalla valle, si approssima al colle che ospita l’antico borgo. Il loggiato superiore è stato trasformato in terrazza negli anni ‘50, e oggi è possibile notare due muri di rinforzo, i cosiddetti scarponi, che fu necessario costruire nel 1734 per riparare ai danni arrecati da un forte terremoto che scosse la zona nel 1707. Originariamente nel Castello era presente anche una seconda torre centrale cilindrica, il dongione, di cui gli amministratori locali si videro costretti a predisporre e attuare la demolizione nel 1933, a causa dei danneggiamenti riportati dalla struttura in seguito a un nuovo, fortissimo sisma, che ancora una volta devastò l’intera regione all’inizio degli anni trenta.
Foto by Abruzzomania
Fonti:
Montefino, il borgo in meditazione – Tesori d’Abruzzo (tesoridabruzzo.com)
Montefino – Wikipedia
Comune di Montefino | Sito istituzionale
Storia di Montefino a cura di Igino Addari