Eccellenza d’Abruzzo n. 45 – Lama dei Peligni (CH): le Grotte del Cavallone

Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo.  Oggi Abruzzomania, con la rubrica Eccellenze d’Abruzzo, presenta la sua 45° Eccellenza, una delle più ammirevoli della regione, quella del comune di Lama dei Peligni in provincia di Chieti, le Grotte del Cavallone. Ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione, per cui ne mancano all’appello 260, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.

“Lama dei Peligni è un piccolo borgo montano che sorge alle falde della Majella orientale. Ai suoi piedi scorre nell’omonima valle il fiume Aventino e nel suo territorio, nella Valle di Taranta, nel cuore del Parco nazionale della Majella, ricadono le famose Grotte del Cavallone, poste a quota 1475 metri s.l.m., situate al confine tra Lama dei PeligniTaranta Peligna che, oltre all’interesse speleologico e alle sue bellezze, hanno il primato di essere la grotta naturale di interesse turistico visitabile più alta d’Europa e perché il poeta Gabriele D’Annunzio vi ha ambientato la tragedia ”La figlia di Iorio”.”

“Il percorso nel loro interno si snoda nelle viscere della montagna per oltre un chilometro attraverso ambienti di straordinaria bellezza in grado di suscitare forti emozioni. E’ possibile ammirare un grande numero di stalattiti e stalagmiti ed intuire la potenza delle acque che ha prodotto la cavità. Le visite si effettuano con una guida, in gruppi ed hanno la durata di circa un’ora. La temperatura al suo interno è di 10° C ed è costante durante tutto l’anno e l’umidità raggiunge in alcuni punti il 90%. Muniti di scarpe chiuse e di una giacca impermeabile, la visita in Grotta dura circa un’ora. ”

“Le grotte del Cavallone sono note sin dal XVII secolo come testimoniato da alcune incisioni presenti sul “sasso dei nomi antichi”. La prima esplorazione documentata risale al 1704, ma bisognerà attendere il 1893 per l’avvio dei lavori finalizzati alla valorizzazione turistica della grotta. In quegli anni furono realizzate un’ardita rampa di accesso scavata nella roccia, scale in legno all’interno (ancora visibili) e organizzato un servizio guide. Le grotte si raggiungevano a piedi o con i muli e la discesa a volte veniva effettuata con le tregge (grandi slitte utilizzate per il trasporto della legna). Tra gli illustri visitatori si ricorda il pittore Francesco Paolo Michetti, che ispirandosi alla sala d’ingresso realizzò la scenografia del secondo atto della tragedia dannunziana “La figlia di Iorio”. Da allora fu chiamata anche Grotta della Figlia di Iorio, con le sue sale ed alcune concrezioni che portano ancora oggi i nomi dei personaggi della famosa tragedia. Durante l’ultima guerra mondiale fu utilizzata come rifugio dalle popolazioni locali.”

“Per godersi pienamente l’esperienza è necessario soffermarsi anche sul percorso e non solo sulla sua meta, che consente di vivere sensazioni che permettono di rendere questo viaggio unico e la funivia è parte fondamentale della scoperta delle Grotte del Cavallone e del mondo montano ad alta quota. Suggestivo è il lento avvicinamento all’entrata della Grotta. I tempi ed i sensi iniziano a dilatarsi lungo il tragitto e man mano che ci si avvicina alla montagna se ne iniziano ad assaporare i particolari. La stazione di partenza della funivia, in Località Pian di Valle, lungo la S.S. Frentana, è a 750 metri s.l.m ed arriva a quota 1300 s.l.m., viaggiando lentamente lungo il Vallone di Taranta Peligna. Il percorso durerà circa venti minuti e poi altri dieci a piedi per raggiungere l’entrata della Grotta. La funivia è una “cestovia“. Ne rimangono attive solo quaranta e nel giro di pochi anni scompariranno. Le cestovie son dei veri e propri cestini che, in coppia, ti permettono di attraversare il Vallone di Taranta e di fare ingresso, con riverente lentezza, ai piedi della salita alla Grotta, scavata nella roccia nel 1894.

Si resterà affascinati dalla potenza della Montagna Madre, dalla grandezza e della libertà dei rapaci che la sorvolano, dai colori del cielo e della forma delle nuvole. La cestovia fu costruita nel 1978, dopo un lungo dibattito sul suo impatto ambientale e per favorire lo sviluppo turistico della Grotta del Cavallone. Prima della sua costruzione si accompagnavano i visitatori lungo il vallone di Taranta grazie alla costante presenza dei muli ed all’uso della “treggia“, una speciale slitta che veniva usata principalmente per il trasporto di legname e che veniva portata a spalla fino al limite di vegetazione della grotta. Veniva usata poi per la discesa, in due, lungo la pista ghiaiosa che funge da linea di massima pendenza della Valle di Taranta fino alla Strada Frentana.”

“Scesi dalla cestovia ecco l’entrata della Grotta come un occhio di cavallo incastonato nella parete rocciosa dalle forme che ricordano il suo muso. Da questo richiamo sembra derivi il nome Cavallone, mentre altri sostengono che Cavallone derivi dal nome della Valle, un tempo chiamata Valle Cavallo. Il percorso visitabile è di 1360 metri restando esterrefatti vedendo “prosciutti appesi, la Torre di Pisa, la Foresta Incantata, il paesaggio lunare” e la forza e la magia delle creazioni alle quali l’acqua dona vita nuova. Per accedere al suggestivo atrio di entrata della Grotta ci sono circa 300 scalini, scavati nella roccia da abili scalpellini (prima del 1894 vi si accedeva tramite delle corde stese dall’alto!). Dal Belvedere, posto di fronte all’ingresso di questo suggestivo monumento sotterraneo nel cuore della Maiella, si può indirizzare lo sguardo lontano, alla valle, alle vette, ai giochi delle rocce e dei colori. La Grotta del Cavallone, di origine carsica, si sviluppa per più di due chilometri; si divide in una galleria principale e tre diramazioni secondarie.

“Inoltrandosi nella cavità, a pochi passi dall’atrio, ci si trova all’ingresso della Galleria della Devastazione, dove il caos del tempo ha il sopravvento sull’armonia delle forme e dell’immaginazione. Proseguendo per la strada principale si giunge alla Sala di Aligi, dove si ha la prima consapevolezza del lavoro costante dell’acqua, sintomo di creazione e di vita, una vera e propria cascata di pietra! È l’acqua la vera protagonista del viaggio all’interno di questo meraviglioso ed unico mondo sotterraneo, regista di forme, creatrice di pozzi, gallerie, laghetti sotterranei; acqua madre di stalattiti e stalagmiti. Alla fine della Sala di Aligi incontriamo le Sentinelle, formazioni di stalattiti e stalagmiti che ci introducono nella Galleria principale. Da qui è tutto un susseguirsi di formazioni calcaree e di giochi di fantasia sulle forme createsi dove troviamo la Sala di Budda, la Sala degli Elefanti, le Teste d’Indiani, la Sala delle Statue, la Sala dei Prosciutti e la Sala delle Campane, per poi scoprire pozzi, laghi e giochi di forme. Si presume che i primi a scoprire l’esistenza della Grotta del Cavallone siano stati i pastori che numerosi popolavano la Majella per gran parte dell’anno con i propri greggi. Purtroppo però non esistono testimonianze certe.”

“E’ datata 1666 la prima traccia di un’esplorazione, incisa nel Sasso dei nomi antichi, insieme ad altre iscrizioni, all’ingresso della Grotta. Nel 1704 il medico Jacinto de Simonibus e D.A. Franceschelli effettuarono una più accurata esplorazione delle Grotte del Cavallone e del Bove. Ne siamo a conoscenza grazie ai vari riferimenti degli esploratori successivi perché nel manoscritto originario e nel rilievo su pergamena se ne sono perse le tracce. Nel 1705 il fisico napoletano Felice Stocchetti la cita in una sua opera a stampa, come Francesco Cicconi (1759). Ma non fu la stampa il mezzo con il quale si diffuse la notizia dell’esistenza di questa meravigliosa grotta, bensì la tradizione orale della gente del posto ed i cantastorie. Si arriva al 1831 quando il naturalista napoletano Michele Tenore tentò l’esplorazione della Grotta ma fu scoraggiato dalla mancanza di scale per superare i tratti più ardui, ma visitò invece la Grotta del Bove, di più facile accesso. Nel 1865, per caso, un pastore tarantolese, Matteo Ciavarra, per recuperare una capra inerpicata sui monti, si ritrovò di fronte all’ingresso della grotta e questo fu l’inizio di una nuova era esplorativa che permise di riportare in auge l’interesse per la cavità. Il Dr. Egidio Rinaldi, successivamente, si spinse ad un’esplorazione più approfondita della cavità spingendosi sicuramente oltre l’angusta parete in discesa della Bolgia Dantesca. Nel 1893 il cancelliere di Pretura Alessandro De Lucia, grazie all’utilizzo di corde e scale ed all’aiuto di un coraggioso contadino e di due minatori, riuscì a scendere lungo il Pozzo senza fine e successivamente insieme a 46 cittadini di Lama dei Peligni e Taranta Peligna, diede vita alla Società delle Grotte del Cavallone e del Bove, con l’intento di valorizzarne il loro valore turistico.

La Società realizzò una scalinata di entrata nella cavità incisa nella roccia, inserì delle scale di legno per facilitare i passaggi più difficili al suo interno e organizzò un servizio di guide. Nel 1907 lo speleologo Vittorio Bertarelli effettuò una minuziosa ricognizione della cavità e ne stimò le dimensioni e al 1912 risale la prima ricerca esplorativa con intenti scientifici con il geologo e spelelologo De Gasperi che effettuò le prime ricerche geomorfologiche e produsse la reale, per dimensioni, planimetria della grotta. Nel 1913, l’archeologo Ugo Rellini effettuò diverse ricerche paleontologiche all’interno della cavità, fino ad arrivare al 1948 con le ricerche ferme, sia a causa delle due Guerre che di dispute interne alla Società delle Grotte. Da qui si susseguirono numerose campagne speleologiche e di studio geomorfologico della cavità. Nel 1949, nel corso del Congresso nazionale di Speleologia di Chieti, la Grotta del Cavallone fu fatta visitare  e ciò indusse a richiamare l’interesse anche di studiosi stranieri tra le quali la spedizione dell’Università di Oxford con F. H. Witehead, Michael Holland, David Russel e il giovane Mario Di Fabrizio scopritori della Galleria dei Laghi. Tra il 1950 e 1960 ci fu un nuovo impulso alle esplorazioni grazie al CAI Bolognese e CAI Chietino e tra il 1961 e 1962 il gruppo speleologico URRI di Roma rileva la cavità complementare e supera brillantemente alcuni ardui passaggi (lo pseudo sifone, dove si arrestarono le esplorazioni precedenti, un sifone ed il pozzo senza fine), inoltre, insieme a Domenico Di Marco, diede vita alla toponomastica ufficiale della Grotta. La storia delle ricerche finisce nel 1987 con Giovanni Piazza e Luigi Centobene, dello Speloclub di Chieti, che scoprirono la Galleria dei Laghi, superando il sifone fino ad allora inviolato.”

“Le Grotte del Cavallone e del Bove furono utilizzate come rifugio dagli abitanti di Taranta Peligna durante la II Guerra mondiale. Nell’autunno del 1943 il fronte bellico si era immobilizzato lungo la linea Gustav. Le truppe tedesche, per rappresaglia, si insinuarono nei piccoli paesini dell’area minando sistematicamente l’abitato. Taranta Peligna fu completamente distrutta e molte famiglie furono costrette a cercar rifugio e nascondiglio altrove, con molti che si rifugiarono nelle grotte e vi rimasero per oltre un mese (novembre 1943–febbraio 1944). I racconti degli anziani rifugiati ci permettono di riportare in luce qualche particolare in più: la grotta, avendo una temperatura costante di 10 gradi, fu preziosa per sopravvivere alle temperature rigide dell’inverno imminente in alta quota; gli sfollati portarono con loro alcuni animali, in maggioranza pecore, con i quali si cibarono; le donne ed i bambini si rifugiarono all’interno, nella Sala di Aligi, che ancora porta i segni di quel lungo mese, mentre gli uomini, in maggioranza, si rifugiarono nella Grotta del Bove, a pochi passi da quella del Cavallone”

“Grazie alla costituzione della Società delle Grotte del Cavallone e del Bue nel 1894, iniziò la valorizzazione della cavità sul piano turistico. Si cercò di facilitarne l’accesso, che precedentemente avveniva con delle corde stese dall’alto, scavando un sentiero di accesso dal basso nella roccia; in seguito, all’interno della Grotta, vennero costruite delle scale di legno, oggi ancora visibili, che permise di superare i punti di camminamento più difficili. Si organizzò anche un servizio di guide. La prima guida riconosciuta fu Giuseppe Rinaldi che con grande passione accompagnò i visitatori e gli esploratori fino al 1938. Si istituì un servizio di cavalcature e tregge per facilitare la salita da Pian di Valle lungo la Valle di Taranta fino all’accesso della Grotta.”

Le guide

“Il 1923 segnò l’inizio di un periodo di disinteresse ed abbandono del processo in crescita di valorizzazione turistica. La Società delle Grotte del Cavallone e del Bue, al termine del suo mandato, si sciolse ed iniziarono forti contrasti proprietari tra il Comune di Taranta Peligna e quello di Lama dei Peligni. Nel 1937, il Comitato Regionale per il Turismo e l’Istituto Nazionale di Speleologia produssero vari documenti per suggerire la strada verso la valorizzazione turistica della grotta. Per circa due anni, iniziarono, così, a rimettersi in moto delle gite organizzate con servizi di autobus per incentivare le visite. Purtroppo la Guerra e la difficoltà di salita alla grotta misero un repentino punto allo sviluppo crescente.”

“Le varie esplorazioni del dopoguerra e le nuove scoperte scientifiche riportarono in auge l’interesse per questa meraviglia della natura. Iniziarono ad essere presentati dei progetti per facilitare la salita lungo la Valle di Taranta, sia stradali, sia con impianti a fune. Molte furono le controversie ed i dibattiti sull’impatto ambientale e paesaggistico sino ad arrivare, nel 1978, alla costruzione di una comoda funivia (come recita il depliant del tempo) che conduce dalla Località Pian di Valle, fino a quota 1388 s.l.m. percorrendo il lungo Vallone. La costruzione della funivia fu fondamentale per la crescita turistica della Grotta del Cavallone. Oggi, i Comuni di Taranta Peligna e Lama dei Peligni collaborano assiduamente per la valorizzazione e la conservazione della grotta e l’accoglienza turistica. Sempre più esteso è diventato il periodo in cui la grotta è visitabile (oltre i 100 giorni all’anno) e molti dei giovani di Taranta e Lama contribuiscono al funzionamento della funivia, alla gestione delle visite guidate in grotta ed all’erogazione del servizio di ristorazione.”

Noi di Abruzzomania abbiamo attribuito la Grotta del Cavallone a Lama dei Peligni, pur consapevoli del fatto che è sita anche sul territorio del comune di Taranta Peligna su cui ricadono gli impianti di risalita e l’ingresso, ma la nostra missione ci obbliga ad attribuire un’eccellenza ad ognuno dei 305 comuni d’Abruzzo e quindi abbiamo optato per assegnare quella delle grotte a Lama dei Peligni semplicemente perché queste ricadono fisicamente nel suo territorio comunale, ma state pur certi che quando parleremo dell’eccellenza del comune di Taranta Peligna, sicuramente non dimenticheremo di citare l’appartenenza di questo comune alla gestione e diciamo così alla “comproprietà” di questa meraviglia della natura.

Fonti:

Foto by Abruzzomania

http://www.comunelamadeipeligni.it/turismo/

http://www.grottedelcavallone.it/

Una risposta a “Eccellenza d’Abruzzo n. 45 – Lama dei Peligni (CH): le Grotte del Cavallone”

  1. L’ingresso e per breve tratto la Grotta del Cavallone fa parte del Comune di Taranta Peligna e prosegue nel territorio di Lama dei Peligni. Sarebbe opportuno e giusto indicare entrambi i Comuni quando la grotta viene menzionata. Citando l’uno o l’altro paese si continua ad alimentare uno stupido campanilismo mai sopito.

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