Eccellenza d’Abruzzo n. 39 – Atri (TE): Duomo di Atri – TERZA E ULTIMA PARTE

Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo ed eccoci arrivati alla TERZA E ULTIMA PARTE della 39° Eccellenza, quella del comune di Atri, il meraviglioso duomo di Atri, basilica concattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo. Ricordo che nella prima abbiamo descritto le caratteristiche generali del Duomo di Atri  presentando alcune opere presenti all’interno di grande valore; nella seconda parte abbiamo mostrato tutta la sua magnifica bellezza,  i 101 affreschi del pittore abruzzese Andrea Di LItio ed in questa ultima parte presenteremo le ulteriori meraviglie che si possono ammirare all’interno del Duomo.

Iniziamo da una scena raffigurante una danza macabra è dipinta sul muro di fondo della navata sinistra e proseguiamo ammirando sulle colonne vari affreschi del Trecento-Quattrocento, tra i quali una Trinità a tre volti (XIV secolo), una Madonna adorante il Bimbo (1460-70) sempre di de Litio e del suo allievo Ugolino da Milano e una Madonna di Loreto (1450) dello stesso de Litio. Alla destra del portale si ammirano dei pochissimi resti di un affresco gigantesco raffigurante San Cristoforo (XIII secolo): nel Medioevo in molte chiese era uso apporre immagini gigantesche di questo santo, patrono dei viaggiatori e dei pellegrini, credendo che vedere una sua immagine anche da lontano assicurasse protezione durante il viaggio o pellegrinaggio.

Nella navata destra si possono ammirare una serie di affreschi che vanno dal Duecento al Quattrocento, opera di artisti locali come Luca d’Atri, Giovanni di Cristoforo e Giacomo d’Atri. Nella navata sinistra, vi è una serie di affreschi di vari artisti, tra cui Giacomo d’Atri, il Maestro di Offida, Andrea de Litio, del Trecento-Quattrocento tra i quali spicca l’affresco del trasporto della Santa Casa, del 1460, anch’esso opera del de Litio. Passiamo poi alle Storie di Cristo del 1340, di Luca d’Atri, antichi affreschi scoperti nel 1905, raffigurano scene della vita di Gesù separate ognuno dalla figura di uno o più santi. La matrice degli affreschi è giottesca, ed è probabile un apprendistato presso Giotto (a cui Luca viene paragonato dai contemporanei) o più probabilmente da Simone Martini a Napoli. Un dipinto su tela di scuola napoletana del Seicento, raffigura L’Incoronazione di Maria con uno stuolo di angeli e lo Spirito santo illumina la figura della Madonna che viene incoronata dal Figlio e dal Padre. San Nicola e San Giacomo, resti di affresco, tra la cappella Arlini e il campanile, che doveva raffigurare le storie della vita dei due santi. Madonna d’Alto Mare, affresco eseguito da De Litio intorno al 1460 rappresenta la Madonna di Loreto, la Traslazione della Santa Casa da Nazaret a Loreto, chiamata popolarmente Madonna d’Alto Mare, nome con cui è nota universalmente, per via del lungo viaggio in mare aperto, alto mare appunto che fece la Casa prima di arrivare in Italia.

Nei pressi del coro è presente il noto affresco del XIII secolo rappresentante la leggenda francese de “L’incontro dei vivi e dei mortie gli affreschi del Duecento, il più antico della chiesa di probabile pittore francese (1260) che non è una danza macabra, ma è un episodio che si ritrova frequentemente nella letteratura francese e anche in quella italiana. Si può dividere in due parti, la parte terrena con i cavalli, i paggi e i tre cavalieri, vestiti con abiti molto preziosi, spaventati e atterriti alla vista di vedere i morti che si risvegliano e quella con i morti, tre scheletri, con un sottile strato di pelle, che stanno sghignazzando;.. Sopra i tre cavalieri, c’è una scritta in caratteri gotici, solo la prima parte conservata leggibile perfettamente: Nox (?) quae liquescit gloria sublimis mundi … (E la notte svanisce: la gloria del mondo…), evidente allusione alla vittoria della morte sulla vita, tema principale dell’affresco, con i tre cavalieri, atterriti alla vista dei morti, ma che non potranno fuggire da essa. Interessante anche un affresco staccato dalla chiesa di san Liberatore ad Atri raffigurante la Madonna con Bambino in trono tra angeli del Duecento.

A destra si trova uno dei tre ingressi del Museo Capitolare, il cosiddetto ingresso invernale, perché aperto durante il periodo invernale, ma anche d’estate, la sagrestia dove sono custoditi  paramenti e oggetti liturgici che ha forma di una cappella od oratorio. Tutta decorata da affreschi del XIX secolo di artisti teramani e atriani, con un’interessante cupola, dove con angeli musicanti e festanti e l’altare del XVII secolo di un artista locale che riprende in più punti i soggetti dello scultore Carlo Riccione, il maggior scultore abruzzese del Seicento che dimorò ad Atri dal 1677 al 1692. Anche qui alcune tele, un San Michele Arcangelo del XVIII secolo, copia della più celebre tela di Guido Reni a Roma; San Carlo Borromeo, di fine Seicento; Maria Maddalena del Settecento. Madonna del Latte tra i santi Antonio Abate, Reparata (?) e Berardo (?), affresco realizzato a fine Trecento dal Maestro di Offida, identificabile in Luca d’Atri in stile prettamente giottesco, di cui è pervenuta la parte centrale, raffigurante la Madonna che allatta il bambino (la Madonna del Latte) fra tre santi: Antonio Abate, molto venerato in Abruzzo a cui sono dedicate molte celebrazioni anche ad Atri e altri due che potrebbero essere Reparata e Berardo. Affreschi del XIV-XV secolo, di inizi Trecento e prima metà Quattrocento, alcuni ottimamente conservati, altri solo in parte. San Giacomo Maggiore e Santa Caterina da Siena realizzato molto probabilmente intorno al 1360 da Andrea da Bologna (1335-1370).

Sant’Ambrogio? forse perché vi sono alcuni attributi che fanno risalire al vescovo di Milano: le stelle a 6 punte sulla mitria e la Bibbia nella mano sinistra, affresco della prima metà del Quattrocento, realizzato molto probabilmente da pittore locale o comunque abruzzese. 4 santi, 4 piccoli affreschi, realizzati agli inizi del Quattrocento da ignoto pittore, forse locale, con una certa maestria. Santa Monaca Francescana, affresco di ignoto pittore dei primi anni del Quattrocento raffigurante una santa monaca francescana dell’ordine delle Clarisse, la cui presenza ad Atri risale al 1250-1260 che potrebbe raffigurare proprio santa Chiara. Resti di affreschi: sopra l’affresco della santa francescana si trovano i resti di un unico affresco, forse del Quattrocento. Lo splendido affresco della Madonna del Cardellino ottimamente conservato attribuito al Maestro di Offida, di fine Trecento per la ricca e vivace cromia (blu chiaro, blu scuro, giallo, rosso….) e la delicatezza dei volti dei personaggi che rappresenta la Madonna con bambino e i santi Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e santo vescovo. Il piccolo Gesù offre al cugino Giovanni il Battista un piccolo uccello, il cardellino, simbolo del suo martirio, da cui il nome dell’affresco. A destra della Vergine a osservare la scena c’è san Giovanni Evangelista, con la boccetta per l’inchiostro e il Vangelo di Giovanni tra le mani aperto al primo capitolo: In principio era il Verbo e il Verbo era…. Sulla parete di fondo della navata destra si trova un affresco della prima metà del XVI secolo, con caratteri tipici della pittura umbra e abruzzese raffigurante un Cristo benedicente, con candide vesti.

In sequenza ecco gli affreschi del XIII-XIV secolo: Frammento di affresco del Trecento raffigurante un santo o una santa in cui si nota una capigliatura sormontata da un’aureola. San Michele Arcangelo: affresco staccato e qui portato, dalla chiesa di san Liberatore (o Cappella dei Caduti) durante i lavori di ristrutturazione di questa tra il 1918 e il 1920, risale alla seconda metà del Duecento fa vedere San Michele, alato, è raffigurato con la tipica armatura bizantina e con una lancia uccide un serpente verde simbolo del demonio. Santa (Santa Liberata?): anch’esso staccato e portato su un pannello nella concattedrale dalla chiesa di san Liberatore. Alcuni esperti riconoscono, senza un preciso fondamento, nella figura quella di santa Liberata. Affresco della Madonna della Misericordia, del XV secolo di pittore abruzzese, con in basso un’acquasantiera medioevale. Affreschi vari del XV-XVI secolo accanto a varie lapidi che ricordano vari eventi, con  borgo, tuniche e vesti di santi. Un affresco raffigurante san Bernardino da Siena del 1451 di un pittore locale (secondo alcuni il misterioso Giovanni di Cristoforo) molto importante perché è una delle prime raffigurazioni del santo, canonizzato nel 1450, inoltre, il postulatore del processo di canonizzazione fu lo stesso vescovo di Atri, Giovanni da Palena. Segue quindi una raffigurazione della Vergine prudente, con una candela accesa, realizzata nel Quattrocento da un ignoto pittore.

 

Nella navata centrale si trovano le acquasantiere e le 8 colonne (4 sul lato destro e 4 sul lato sinistro) decorate da pregevolissimi affreschi datati tra il Trecento e il Cinquecento. Delle Acquasantiere la più caratteristica quella sul lato destro, curiosità della chiesa perché presenta una scultura in pietra calcarea del Cinquecento raffigurante una donna negli abiti tradizionali di Atri ed assume particolare importanza perché fa capire come l’abito tradizionale di Atri sia esistito fin dal Rinascimento. Sopra la testa lu sparone (pronuncia lu sparon), il tipico pezzo di stoffa che viene arrotolato sulla testa per attutire il peso del cesto o della conca (in questo caso della bacinella). Gli atriani gli hanno affibbiato un nome particolare, la trucculette (la trucculett), dal significato simile a quello di “nana”. Secondo la tradizione atriana, nel periodo in cui fu scolpita fu oggetto di dissidi all’interno del clero atriano perché molti consideravano quella scultura troppo sensuale per un luogo sacro a causa delle gambe scoperte e di una scollatura ampia, e inoltre qualcuno, forse su ordine del vescovo, le cancellò il viso. Sempre secondo la tradizione locale, la donna aveva in mano un fiore di loto nella mano destra, che poi fu eliminato perché secondo il vescovo del tempo rendeva la scultura ancora più sensuale.

Affreschi delle colonne: nella prima colonna di sinistra resti di affreschi più ampi del XIV-XV secolo, nella seconda colonna di sinistra Sant’Antonio Abate: affresco della prima metà del Quattrocento di scuola umbro- toscana. Santo monaco: affresco della seconda metà del Trecento raffigurante un santo monaco (benedettino o celestino?) con lo sguardo è rivolto allo spettatore. San Lorenzo: opera forse di un pittore abruzzese della seconda metà del Trecento che mostra un interessante sguardo del santo, severo e rivolto verso il fedele. Nella terza colonna di sinistra, Madonna di Loreto: affresco realizzato intorno al 1460 da Andrea De Litio, chiamato così perché secondo alcuni la Madonna non è ritratta ma il fiore presente è uno dei simboli della Madonna di Loreto. Cristo in pietà: l’affresco della seconda metà del Trecento con influssi di scuola giottesca rappresenta il Cristo in Pietà, con il Cristo in piedi sulla tomba che ha su mani, piedi e sul fianco i segni della Passione. Detto anche “I Simboli della Passione” perché ai lati vi sono tutti i Simboli della Passione, come la Croce, il sacchetto con i trenta denari e la lancia. Nella quarta colonna di sinistra. Madonna in trono con Bambino, affresco, opera di Antonio Martini di Atri, detto Antonio d’Atri, il massimo pittore abruzzese della seconda metà del Trecento. La Madonna seduta sotto un elegante baldacchino gotico, tra le braccia tiene il piccolo Gesù. Frammento di affresco rappresentante molto probabilmente un santo, del XIV-XV secolo. San Sebastiano, affresco abbastanza ben conservato realizzato nella metà del XV secolo, molto probabilmente da un artista marchigiano, mostra il martire dentro un’edicola gotica in marmo che subisce il martirio, con le mani legate sul soffitto dell’edicola trafitto da molte frecce e un angelo porge al santo la palma, simbolo del martirio.

Santa Caterina, affresco “indipendente”, che non fa parte di un ciclo, della seconda metà del XV secolo e raffigura una santa dentro un ricco baldacchino. Seppur senza attributi, è sempre stata identificata con santa Caterina, anche se non è specificata quale, di Alessandria, martire o di Siena, suora domenicana? Molti i rimandi all’arte di Andrea De Litio con alcuni che hanno ipotizzato che possa essere opera di questo artista o della sua scuola ed in oltre il panneggio della Santa è un richiamo a quello della Madonna di Loreto realizzata in questa chiesa. Secondo alcuni sarebbe proprio una Madonna, anche se appare strano che la Vergine non abbia il Bambino in braccia ma le mani giunte in preghiera. Sant’Antonio Abate, affresco della prima metà del Quattrocento di scuola umbro-abruzzese, con rimandi all’arte di Ottaviano Nelli. Santo Vescovo con macina da mulino, affresco della seconda metà del Quattrocento che raffigura un santo Vescovo che tra le mani regge una macina da mulino. Il santo, barbuto, volge lo sguardo verso lo spettatore. 1ª colonna di destra con un frammento di affresco del XIV secolo e con influssi giotteschi (forse del Maestro di Offida o di Luca d’Atri), raffigura una santa con volto sorridente.  Sulla 2ª colonna di destra è raffigurata una Santa martire ignota: l’affresco risale al Trecento e mostra influenze giottesche, sicuramente una martire perchè porta in mano la palma. Santo Vescovo (San Clemente?), affresco della seconda metà del Quattrocento che raffigura un vescovo aureolato, quindi santo, seduto su un seggio che con una mano benedice in cui troviamo punti di contatto con l’arte del De Litio. Sulla 3ª colonna di destra affresco Madonna adorante il Bambino del 1465 di Andrea De Litio insieme all’allievo Giovanni di Varese che riprende la tipologia della Madonna abruzzese (diffusissima nella scultura regionale) con la Madonna seduta mentre in preghiera adora il bambino sulla ginocchia.

San Cristoforo affresco di pittore ignoto del XVI secolo che raffigura un santo con capelli biondi lunghi fino alle spalle e indossa abiti tipici dei viaggiatori del Cinquecento. Nel santo raffigurato (l’uomo è aureolato) gli atriani vedono san Cristoforo, secondo altri è il beato Nicola, la cui venerazione però cominciò a diffondersi qualche secolo dopo. Santa Palazia (?), affresco di fine Trecento ed è opera di un raffinato pittore tardogotico, con influssi francesi e soprattutto senesi. La testa della santa con l’aureola presenta una corona che indica forse la sua nobiltà o vuol significare il martirio. La presenza del turibolo ha fatto ipotizzare che la martire raffigurata sia santa Palazia (morta nel III secolo), che ha come attributo anche il turibolo o la navicella. Madonna con Bambino: affresco della seconda metà del Trecento opera del Maestro di Offida, con i suoi soliti influssi giotteschi. La Vergine è seduta su un trono e volge il suo sguardo ieratico verso il fedele, mentre quello del Bimbo si perde in direzione del manto della Madre Il bambino, serio, è seduto sulle ginocchia della Madre ed è abbastanza robusto; la sua aureola, ben conservata, ha nel mezzo la croce rossa simbolo della redenzione. San Giovanni Battista: realizzato da Antonio Martini di Atri tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, Il Santo è raffigurato, penitente, seduto lungo le rive rocciose del Giordano, che dopo una breve cascata va a formare un piccolo lago (simboleggiante il Lago di Tiberiade). Giovanni Battista, vestito con una veste di cammello e un mantello verde mela, regge tra le mani scheletriche una scodella con l’acqua del Giordano di cui si serviva per battezzare e un rotolo con un passo sacro poco leggibile. Con l’indice della mano destra indica l’Agnus Dei (Agnello di Dio) che simboleggia Cristo, sulla sfondo. Attorno all’Agnus Dei vi sono alcuni alti alberi a formare una foresta.

I santi Nicola e Caterina d’Alessandria, affresco molto pregevole che risale alla fine del Trecento splendida opera del Tardo Gotico. È ormai considerata erronea l’attribuzione a Luca d’Atri, viste anche le differenze di stile, mentre tutti oggi assegnano l’affresco ad ambito senese, precisamente alla scuola di Simone Martini. Molti sono infatti, in questo affresco, i riferimenti al pittore di Siena allievo di Duccio di Buoninsegna: le figure dei santi e le architetture sembrano essere riprese dagli affreschi da lui realizzati ad Assisi. In questa chiesa, inoltre, alla fine del Trecento operarono molti artisti di scuola senese (i cui affreschi però sono andati perduti o comunque limitati a pochissimi lacerti), e secondo alcuni (ma senza fondamento) lo stesso Bartolo di Fredi e Paolo di Giovanni Fei.San Biagio che con la destra prende per i capelli un omino, il giovane Adeodato, l’oste ucciso dai suoi clienti che il santo fece resuscitare. Santa Caterina d’Alessandria raffigurata bella, giovane e vestita con un abito principesco all’ultima moda circondata dalle quattro ruote dentate con cui subì il martirio. San Sebastiano, affresco realizzato intorno al 1470 dalla scuola di Andrea De Litio. Dal soffitto pende la colonna marmorea con capitello corinzio dove è legato il santo, trafitto da molte frecce.  

4ª colonna di destra con gli affreschi rispetto a quelli delle altre colonne che sono di autori ed epoche diverse, qui di un unico pittore, Antonio Martini di Atri, e della sua bottega. San Michele Arcangelo, curiosa l’iconografia del santo: infatti di solito san Michele indossa un’armatura e trafigge il diavolo con una spada o una lancia, mentre qui veste abiti preziosi, mentre fa capitolare il diavolo schiacciandolo semplicemente con il piede. San Giovanni Evangelista (?) il santo, giovane, con lo sguardo rivolto all’infinito, tiene con la mano sinistra un libro (molto probabilmente un vangelo) e con la destra un pennino. San Cristoforo, affresco, perfettamente conservato, raffigura il santo che regge con la mano destra il Bambino Gesù sulle sue spalle e con la sinistra regge il bastone fiorito immerso nell’acqua fino alle ginocchia. La leggenda vuole che il santo, poi martirizzato, abbia trasportato senza saperlo il Bambino Gesù sulle spalle da una sponda all’altra del fiume. Solo dopo Cristo si rivelò e fece fiorire il bastone del santo.

La Trinità con tre volti: preziosissimo affresco, opera certa di Antonio Martini interessante per l’Iconogrofia della Trinità, con il Cristo benedicente e con tre volti rappresentanti il Padre e lo Spirito Santo (le altre tre persone della Trinità dopo Cristo, il Figlio). Anticamente veniva rappresentata con tre volti, ma siccome derisa dai protestanti (la chiamavano “il Cerbero cattolico”), il Papa nel Cinquecento aveva fatto modificare l’iconografia della Trinità. Ma soprattutto nelle località più sperdute, come quelle montane del nord Italia, l’iconografia antica della Trinità continuò ad esistere e così alla fine del Seicento papa Innocenzo XII abolì quell’immagine e le fece distruggere, sostituendole con l’attuale e classica iconografia della Trinità. L’affresco di Atri riuscì a sopravvivere, perché gli affreschi della chiesa erano coperti dal 1656 da intonaco, per evitare il contagio della peste che provocò molti morti in quell’anno soprattutto nel Regno di Napoli. Sant’Onofrio in cui si può vedere un santo con lunghi capelli e con una lunga barba. San Lazzaro che lo raffigura nel momento della sua resurrezione, operata da Gesù. San Nicola da Tolentino raffigurato con l’abito tipico degli agostiniani che prega davanti ad un calice con un’ostia.

Gli affreschi medievali. Il coro ha 4 colonne, 2 a destra e altrettante a sinistra. Le seconde colonne di destra e sinistra hanno, nella parte rivolta verso le navate, affreschi medievali del XIV e XV secolo: essi un tempo ornavano anche la parte di colonne rivolte verso il coro, ma esse furono coperte o distrutte quando Andrea De Litio vi appose i suoi affreschi. Nella seconda colonna di destra possiamo trovare una Santa martire, un San Giovanni da Capestrano (questo raffigurato con un’iconografia molto curiosa, con tanto di armatura e vessillo crocifero) e una delicata Madonna con Bambino, tutti realizzati tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, opera della bottega di Antonio d’Atri. Sulla seconda colonna di sinistra ci sono un affresco raffigurante due santi in colloquio (di cui uno che appoggia il suo braccio sulla spalla dell’altro santo) della seconda metà del Trecento e del Maestro di Offida, oltre a resti di affreschi del Trecento.

Si conclude qui il meraviglioso viaggio spirituale, artistico e culturale all’interno di questo straordinario monumento. L’invito che Abruzzomania è che sia visitato da tante persone, soprattutto dagli abruzzesi!

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