Eccellenze d’Abruzzo presenta la sua straordinaria 35° Eccellenza di Isola del Gran Sasso: San Gabriele dell’Addolorata … e ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 270 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo, anche il più piccolo, merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento
!
Isola Del Gran Sasso, antico borgo che sorge nella splendida vallata denominata “Valle Siciliana” ai piedi del Gran Sasso d’Italia, era anticamente un’isola circondata dai fiumi Ruzzo e Mavone e da questo ha origine il suo nome. Terra di santi come la dolce Colomba, sorella di San Berardo che visse nelle foreste che circondano l’abitato; Frà Nicola, qui eremita in una grotta oggi chiamata Frattagrande per diversi di anni, amato da tutti i paesani; infine diversi religiosi hanno vissuto per anni in modo ascetico in grotte di fortuna sotto la montagna. Ma il più importante fu sicuramente San Gabriele dell’Addolorata con il santuario a lui dedicato tra i 15 più visitati al mondo!
“Ma torniamo al lontano 1215, con San Francesco d’Assisi, che qui fondò un convento per il suo ordine francescano, in cui rimase fino al tempo delle soppressioni napoleoniche, trasformatosi nell’attuale Santuario di San Gabriele, oggi meta di pellegrinaggio molto cara ai giovani. Si racconta che il santo di Assisi trovò alle falde del Gran Sasso un’edicola dedicata alla Madonna Annunziata da cui, probabilmente nel 1216, iniziò la costruzione del convento e di una chiesa dedicata all’Immacolata. Nel 1809 il convento, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi del periodo napoleonico, fu abbandonato dai suoi seguaci, per essere definitivamente riaperto nel 1894 e al loro posto si insediarono, nel 1847, i Passionisti. Restano oggi, dell’originario edificio, il “Pozzo di San Francesco” e, al piano terra di quello che un tempo era il convento, il refettorio e il chiostro con i portali in pietra del XVI secolo e con una serie di affreschi del XVII secolo che raffigurano scene della vita di San Francesco.
L’urna con i resti mortali di San Gabriele dell’Addolorata, un tempo conservata nella vecchia chiesa, è stata traslata nel nuovo santuario. Tra i celebri visitatori del santuario, l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, oggi Papa Emerito e Papa Giovanni Paolo II, oggi santo anche lui,che il 30 giugno 1985 inaugurò la cripta con la tomba, confermando che “la gioia cristiana è la nota caratteristica di san Gabriele“, una gioia che continuamente gli germogliava dentro, gli profumava la vita e che lui seminava a piene mani. Infatti una gioia incontenibile occhieggiava da ogni suo gesto, sgusciava da ogni atteggiamento, sbalordiva, affascinava, contagiava. Gabriele ne era diventato anche il cantore. “La contentezza e la gioia che io provo è quasi indicibile; la mia vita è una continua gioia. I giorni, anzi i mesi mi passano rapidissimi. La mia vita è una vita dolce, una vita di pace. Sto contentissimo“. Gioia e sorriso che non si sono spenti neppure davanti alla morte. Anzi sulla morte hanno ottenuto la loro vittoria più bella, tanto che un giorno lo chiameranno il “Santo del Sorriso“.
La chiesina diventò però subito troppo piccola. Fu dunque ampliata e consacrata nel 1908, pochi giorni prima della beatificazione di Gabriele. Nello stesso anno il papa Pio XI elevò il santuario alla dignità di basilica. Nel 1920 fu inaugurata la cappella del santo, centro della devozione, meta preferita dei milioni di pellegrini che ogni anno accorrono al santuario, gioiello a pianta ottagonale e cupola decorata, situata sul lato destro di chi entra nel vecchio santuario, con l’altare in marmi pregiati, i rivestimenti e le colonne di graniglia policroma. Ma ben presto Gabriele sforava di nuovo. Le folle dimostravano che la bella chiesa a la splendida cappella erano troppo anguste per il santo del sorriso. Così, senza distruggere il vecchio, nel 1970 ebbe inizio la costruzione dell’enorme nuovo santuario di ispirazione ecumenica che si protende ai quattro punti cardinali e nella sezione richiama la sagoma di una grande nave con quattro vele pandirezionali. La nuovissima basilica, della lunghezza di 90 metri e della larghezza di 30, è una grandiosa struttura di cemento bianco e acciaio, capace di contenere fino a 10-12.000 persone! Due sono i famosi appuntamenti principali che accoglie: nel 1980 è inaugurata l’ormai consolidata “tendopoli”, che in uno scenario incantato offre a migliaia di giovani una settimana indimenticabile intorno a Gabriele, eletto primo tendopolista. La manifestazione culmina con la festa popolare l’ultima domenica di agosto. Un altro evento, non meno suggestivo, c’è nell’ultima settimana di agosto, durante la quale centinaia di giovani (ma anche meno giovani) si accampano per cinque giorni, dando vita ad un meeting religioso: si tratta della ormai famosa celebrazione dei “cento giorni dagli esami di stato”, che nel mese di marzo fanno arrivare al santuario, provenienti dall’Abruzzo e dalle Marche, allegre schiere di studenti delle scuole superiori che arrivano per pregare per un buon esito dell’esame e nel quale vengono benedette le penne.”
Ma oltre gli eventi c’è il culto inarrestabile, infatti è già all’inizio del 1893 che padre Germano trovava la chiesina piena zeppa di popolo che piange e canta intorno alla tomba di Gabriele. E’ uno spettacolo che può paragonarsi a Lourdes e Pompei. Una pietra di mezzo metro quadrato bucata come una forma di emmenthal, è l’oggetto che maggiormente incuriosisce e polarizza l’attenzione del visitatore che indugia tra i cimeli custoditi nel piccolo museo attiguo alla cameretta del transito. Si tratta della lastra tombale che chiudeva il sepolcro di Gabriele, raschiata e traforata dai devoti con ferri, trapani e temperini per portarsi a casa almeno una scheggia di reliquia. Se i passionisti non si fossero affrettati prima a proteggerla con vetro, nel 1908, e poi a rimuoverla del tutto a quest’ora non ne sarebbe rimasta traccia alcuna. Altro luogo chiave della devozione popolare, testimone principale di innumerevoli miracoli, è il sepolcro dove il santo ha riposato per trent’anni, dalla morte nel 1862 fino alla ricognizione del 1892 all’interno della chiesa. Rimossa la pietra, la botola fu recintata con una cornice di marmo che incastonava una lastra di vetro protetta da inferriata. Per tanti coricarsi sulla sua tomba è il sogno più lungamente accarezzato. L’aggiunta di un piccolo recinto con quattro colonnine mirava infatti a impedire che i devoti vi dormissero sopra, ma mentre i custodi continuano a proibire, i devoti continuano a disobbedire adagiandovi di nascosto soprattutto bambini e malati, e Gabriele continua ad operare prodigi.

Qui è custodita e venerata l’urna con i resti di uno dei santi che hanno compiuto più miracoli sino ad oggi. Il corpo del santo, racchiuso nella statua giacente in metallo argentato, riposa nella preziosa urna di bronzo dorato collocata sotto l’altare. San Gabriele dell’Addolorata, santo unico, uno dei santi più popolari del mondo, che condusse una vita parallela a quella di San Francesco, stesso luogo di nascita, stesso nome, stesse strade condivise e che oggi gode di popolarità anche all’estero, in special modo tra gli emigrati. Si contano a migliaia gli ex voto portati dai devoti al santuario in segno di riconoscenza.
Suggestive le feste patronali promosse dalle associazioni degli emigrati abruzzesi in Belgio, Canada, Australia, Stati Uniti e in tutta l’America latina. Per mantenere il collegamento con i devoti sparsi in tutto il mondo, dal 1913 esce la rivista “L’eco di San Gabriele”, un mensile che conta oltre mezzo milione di lettori. La sua è la storia di una santità che non conosce tramonto, che chiama, attira ed accoglie innumerevoli pellegrini. Nel mondo oltre mille chiese sono dedicate a lui! Sul suo sepolcro germogliano grazie a non finire e sbocciano miracoli stupendi. Per molti malati Gabriele è l’ultima speranza, per altri è l’unica speranza. Lui è definito in molti modi, il santo Patrono degli studenti, dei giovani e dei chierici, il santo dei giovani, il santo dei miracoli perché invocato in ogni parte del mondo come potente intercessore presso Dio, il santo del sorriso perché seppe vivere sempre con gioia ed entusiasmo la sua esistenza e perché il sorriso sulle labbra rimase pur nella morte. Né le varie sofferenze della sua vita, né la morte in giovane età riuscirono a spegnere il suo sorriso. Con questi tre appellativi è conosciuto San Gabriele dell’Addolorata. La scelta della vita religiosa per lui fu radicale fin dall’inizio. Aveva trovato finalmente la sua felicità. Scriveva ai familiari: “La mia vita è una continua gioia. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita“.
Qualcuno potrebbe obiettare, ma quale eccellenza d’Abruzzo se San Gabriele non è nato in Abruzzo e al novanta per cento non vi è neanche vissuto. Ma se qualcuno si azzarda ad avanzare altre rivendicazioni rischia di diventare malconcio. Si racconta che quando nel 1892 a trent’anni dalla sua morte i padri passionisti provarono a trasferire le sue spoglie nei pressi della natia Assisi videro sbucare da ogni anfratto contadini e montanari che intimarono l’altolà: fermi tutti, Gabriele è nostro e guai a chi lo tocca e per evidenziare che non si andava troppo per il sottile, fecero roteare in aria zappe, forconi, roncole e altri arnesi atti a sistemare le ossa.
Ma veniamo un po’ alla sua storia: San Gabriele, nato ad Assisi il 1° marzo 1838 e conosciuto nel mondo come Francesco Possenti e come Checchino per familiari e amici, era figlio d’alto funzionario dello Stato pontificio. Da giovane era bello e la sua personalità forte e aperta. Era un leader che sapeva trascinare, coinvolgere, studente brillante, benestante, ottimo ballerino, abile con le armi da fuoco, amante della recitazione (il teatro lo affascina e vi si reca spesso con il papà e la sorella, era attore nato e nelle recite gli affidavano sempre il ruolo di protagonista) e delle belle ragazze, amico raffinato, con una eccellente carriera davanti. I compagni lo seguivano come stregati nei giochi e nelle frequenti scampagnate, negli schiamazzi e nelle scorribande, con lui che rideva di gusto, scherzando, giocando volentieri a carte, leggendo romanzi con avidità, ma anche capace di restare al verde per mettere nelle mani di un barbone tutto il suo marsupio scucito al padre. Frequentò la nobiltà di Spoleto distinguendosi per bon ton ed eleganza. Compose poesie anche in latino; le recite scolastiche lo vedono protagonista indiscusso ed applaudito. Esuberante, vivace ed arguto diventa un punto di attrazione per la sua festosità a volte eccentrica. Segue la moda, veste a puntino e una spruzzata di profumo non manca mai. Ama l’allegria e dove c’è festa, lui è presente. “Era nato per l’amicizia“, diranno. Vuole primeggiare in tutto, ed a tutti i costi; “la bella vita non gli dispiace“. L’appellativo di “ballerino”, o il damerino elegante che indica non tanto l’amore per il ballo quanto il suo portamento elegante e spigliato, non è immeritato. Ma è anche buono, generoso, sensibile alle sofferenze dei poveri; ama la preghiera. Sprizza vita da tutti i pori. La caccia è il suo sport preferito. Frequenta salotti, teatro e jet set sempre attillato all’ultima moda. Non scende mai a compromessi morali, non tollera intrallazzi o scostumatezze, di fronte alle avances di un balordo fa roteare per aria un coltellaccio a serramanico. Sotto l’elegante abbigliamento qualche volta cinge il cilicio ed è capace di passare dal teatro alla chiesa in modo repentino.
Ma sul più bello, sentendo interiormente la chiamata alla vita religiosa, si trasformò ben presto da uomo di talento a uomo alla ricerca dei talenti che Dio gli aveva donato perché sentiva che nella sua vita mancava ancora qualcosa e si rivolse a Gesù e alla sua Madre Addolorata, rinunciando a tutto per gioire della frugalità conventuale tra i passionisti e come Passionista crebbe di giorno in giorno nell’amore di Nostro Signore e di Maria, da lui venerata sotto il titolo di Addolorata, bruciando le tappe della santità e raggiungendo in poco tempo la perfezione della virtù cristiana, consacrandosi a una vita semplice, senza grandi gesta, contrassegnata dall’eroicità del quotidiano, che viveva da innamorato del Crocifisso e della Madonna Addolorata per cui nutriva una struggente devozione.
San Gabriele che così rapidamente da una vita mondana conformò indissolubilmente la sua vita alla Passione di Nostro Signore, ci mostra che chiunque, con un pizzico di coraggio, può aspirare alle più alte vette della santità. A rompere gli indugi si incarica la Madonna stessa durante la processione della sacra icona per le vie di Spoleto. E’ il 22 agosto 1856 e Gabriele, in ginocchio tra la folla, avverte che l’immagine si anima, gli occhi della Madonna diventano lame scintillanti e una voce risuona chiarissima nel cuore: “Ancora non capisci che questa vita non è fatta per te? Segui la tua vocazione“. Colpo fatale che mette fine a tutti i tentennamenti. Superando inenarrabili difficoltà, quindici giorni dopo è già nel noviziato dei passionisti a Morrovalle, in provincia di Macerata. Nessuno riuscì a trattenerlo. E da quell’istante fu tutta una corsa, una volata da internauta verso la meta. Aveva diciotto anni e mezzo. La scelta della vita religiosa è radicale e irrevocabile. Bacia piangendo di commozione la nuova veste scura e ruvida, uno schiaffo al look del damerino che si pavoneggiava per le vie di Spoleto. Ha trovato finalmente la sua felicità. Ne informa ripetutamente i familiari: “La mia vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di gioia“.
Si innamorò così della ricerca continua della perfezione, che mutò in spontaneità, normalità, gioia per ogni sacrificio che lo avvicinasse ad essa. Una vita, la sua, lontana dal mondo. S’innamorò, altresì, di quella madre, Maria Vergine, che se ne prese cura diventandone protettrice e guida e visse come egli voleva vivere: immacolato!
Passa gli ultimi due anni e mezzo sempre ritirato nel conventino sperduto ai piedi del Gran Sasso tra ascensioni spirituali e lavorio interiore le cui profondità sono note unicamente a Dio. Solo qualche sortita all’aria aperta tanto per illudere i polmoni già minati dalla tubercolosi, il male sottile che presto lo condurrà alla tomba. Ma per lui è una festa e si lancia verso il rush finale invocando la Madonna: “Mamma mia, fa’ presto“.
Il 21 settembre 1856 vestiva l’abito passionista scegliendosi un nome nuovo: Gabriele dell’Addolorata che gli richiamava continuamente la Madonna. Il 25 maggio 1861 nella cattedrale di Penne (Pescara) riceve la tonsura e gli ordini minori. Subito dopo si ammalò e ogni cura risultò vana. Non raggiunse neppure il sacerdozio. Così la mattina del 27 febbraio 1862 alla giovane età di 24 anni, “al sorgere del sole” muore confortato dalla visione dolcissima della Madonna, con il volto trasognato e gli occhi sfavillanti, senza agonia sorride alla Madonna che viene a incontrarlo, morendo di tubercolosi. Ancora non sono passati sei anni dal suo ingresso tra i Passionisti. I confratelli restano lì attorno al letto a guardarlo nutrendosi di soavissimi ricordi.
Sulla sua tomba continuano ad accadere numerosi prodigi e sono tanti coloro che raccontano grazie e guarigioni da lui ottenute. La sua fama cominciò nel 1892 quando a trent’anni dalla morte si verificarono i primi strepitosi miracoli tra la gente accorsa in massa alla ricognizione delle spoglie. Il mistero di San Gabriele dopo la morte, per tanti anni rimase sconosciuto a molti, ma per intervento soprannaturale, alla riesumazione del corpo, scatta, per forza di cose, una volontà superiore che produce 7 prodigi miracolosi, 7 guarigioni nello stesso giorno dopo trent’anni di tomba e poi, successivamente le altre, fino a non poterle contare più. La guarigione di Maria Mazzarelli segna l’inizio ufficiale dei miracoli e dei pellegrinaggi a piedi. Miracoli che Dio continua a far fiorire sulla tomba di Gabriele e pellegrinaggi che via via hanno assunto dimensioni d’epopea. Il papa Leone XIII lo definisce il san Luigi Gonzaga dei tempi moderni, mentre il cammino verso la gloria degli altari procede a gonfie vele.
Durante la ricognizione del 1892 un fatto inaspettato suscita lo stupore generale. Cielo tersissimo, una nuvoletta parte dalla cima occidentale del Gran Sasso e in picchiata, coprendo a ombrello la chiesa e la folla festante, si scioglie in fitta pioggia unicamente su quella piccola area circoscritta. L’intuito popolare l’interpreta subito come risposta beneaugurate del cielo. Da quel preciso momento inizia infatti la pioggia di grazie che non si è più interrotta. Solo in quella giornata si verificano almeno otto prodigi accertati. Uno per tutti, riconosciuto poi ufficialmente per la benedizione, quello di Maria Mazzarelli, 20 anni, figlia dell’orefice di Isola, che era divorata dalla tisi che in tre anni l’aveva condotta sull’orlo della tomba. Era data per spacciata dalla scienza medica. All’entusiasmo che circonda Gabriele il padre di Maria disperato oppone una sfida degna di San Tommaso: crederà alla sua santità solo se farà grazia alla figlia. La quale intanto afferma che in sogno la Madonna l’ha invitata a rivolgersi al “santo penitente del convento”. Guarisce istantaneamente al termine di un triduo di preghiera. Il prodigio fu paragonato alla risurrezione di Lazzaro. Ebbe enorme risonanza anche perché quel giorno era domenica e ricorreva la fiera paesana. Il pellegrinaggio a piedi scalzi per il ringraziamento, capeggiato dalla stessa graziata, riversò sulla tomba un popolo che cantava: “Gabriele è veramente santo, ha guarito la figlia dell’orefice Angelo“.
Ma è proprio morto Gabriele? Sembra dormire sereno. Fanno sì i funerali, celebrano le esequie. Ma più che pregare per Gabriele, pregano Gabriele: tutti sono convinti di deporre nel sepolcro, ricavato nella cripta della chiesa, non un cadavere ma un seme destinato a fiorire. I tempi li conosce solo Dio. Nel 1891 iniziano i processi di beatificazione; nel 1892 vi sarà l’esumazione delle spoglie mortali di Gabriele accompagnata da una pioggia di prodigi strepitosi. Nel 1894 i Passionisti tornano a Isola richiamati da quel giovane studente che non ne vuole sapere di essere morto. Beatificato da san Pio X nel 1908, fu proclamato santo da Benedetto XV nel 1920 alla presenza di oltre quaranta cardinali, trecento vescovi e un’incalcolabile moltitudine convenuta da ogni parte del mondo. Nel 1926 Pio XI lo dichiara compatrono della gioventù cattolica italiana, nel 1929 Isola del Gran Sasso, parrocchia su cui insiste il santuario, lo proclamava suo compatrono, ma già nel 1922 la gioventù cattolicamarchigiana e umbra lo aveva scelto come loro patrono speciale, nel 1953 Gabriele veniva affiancato a San Berardo e a santa Reparata come patrono della diocesi di Teramo–Atri e mentre nel 1959 al santuario si celebrava il primo centenario dell’arrivo di Gabriele in Abruzzo, Giovanni XXIII volle coronare i festeggiamenti dichiarandolo solennemente patrono principale d’Abruzzo.
Ma Gabriele è vivo, sorride ancora e ancora oggi regala grazie e miracoli. Il soggiorno di Gabriele a Isola va dal 10 luglio 1859 al 27 febbraio 1862, s’intende da vivo. Gabriele afferma che i dolori di Maria sono il suo paradiso. Quando è ancora in vita la gente dei dintorni lo chiama il fraticello santo. Per altri è il fraticello bello, la sensibilità per i poveri, la sua composta signorilità, la delicatezza d’animo. Oggi la sua fama non conosce confini. Sono almeno un migliaio le chiese a lui dedicate nei vari continenti. Ponti, viadotti e piazze portano il suo nome soprattutto nell’Abruzzo e nelle regioni limitrofe. Monte San Gabriele (m 2117) si chiama oggi una vetta centrale della catena del Gran Sasso, che fu per lui meta di scarpinate e costante invito ad ascensioni spirituali. E per finire, per gli amanti dei musical, segnaliamo la Fondazione Leo Amici, che ha promosso “Il silenzioso sospiro d’amore”, lo spettacolo musicale su San Gabriele dell’Addolorata.
FONTI:
https://sangabriele.wordpress.com/
http://www.isoladelgransasso.it/il-paese/il-territorio/il-paese-dei-motti/
https://isoladelgransasso.gov.it/turismo/turismo.aspx?t=1
(biografia tratta tratta da San Gabriele dell’Addolorata , Pierino Di Eugenio , ED. San Paolo, 1997