Eccellenza d’Abruzzo n. 33 – Manoppello (PE): il Volto Santo

Eccellenze d’Abruzzo arriva in uno dei luoghi più sacri al mondo,  Manoppello, per raccontare la sua 33° Eccellenza (numero non scelto a caso), quella che noi di Abruzzomania riteniamo essere l’Eccellenza Regina, l’Eccellenza più importante d’Abruzzo e del Cristianesimo, il Volto Santo … e ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 272 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo, anche il più piccolo, merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento!

Foto Centro Turistico TREe

“Pietro corse al sepolcro e, chinatosi, vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto” (Lc, 24,12).  Perché Giovanni – l’apostolo e l’evangelista – fu il primo che credette nella risurrezione di Gesù? Che cosa “vide” per avere “creduto” (come dichiara al versetto 8 del capitolo 20 del suo vangelo), dopo essere entrato nel sepolcro, al seguito di Pietro, in quell”’ottavo giorno” che divenne la prima domenica della storia? Il suda­rio, il grande fazzoletto che avvolge il capo, al contrario delle bende, era avvolto in una posizione UNICA, nel senso di singolare, eccezionale, irripetibile. Infatti, mentre avrebbe dovuto essere disteso sulla pietra sepolcrale con le fasce, era invece rialzato e avvolto. La posizione del sudario appare unica per eccellenza agli occhi di Pietro e di Giovanni, perché è una sfida alla forza di gra­vità”. “Che cosa ha voluto comunicarci Giovanni, ripetendo tre volte in tre versetti successivi quel suo keìmena tà othònia, quel linteamina posita come traduce la Vulgata latina?  il Telo di Cristo, Volto di Cristo, “splendente come mille soli”, straordinaria sorgente d’energia. nella luce e, più propriamente, in una fiamma incandescente che se guardato con amore può riuscire ad annientare completamente le nostre forze!”

“Gesù, primo fotografo della storia, perché questa sua Immagine è simile ad una fotografia! Come autore della sua creazione e utilizzando liberamente le sue regole e i suoi mezzi, Gesù ci ha lasciato, molto prima che gli uomini intervenissero con la fotografia, uno splendido capolavoro di questa “arte”, non come opera delle sue mani, bensì, come ultima traccia della sua presenza reale nella nostra vita mortale.”

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“Nel Santuario di Manoppello (Chieti) vicino Pescara, in Abruzzo, si conserva una delle reliquie più preziose della cristianità: il Volto Santo del Signore che inonda tutti con il suo splendore. È l’immagine di un uomo con i capelli lunghi e la barba divisa a bande” che qualcuno ha definito il più grande capolavoro di tutti i tempi, se fosse stato fatto da mano d’uomo (ma l’immagine è acherotipa, cioè non dipinta da mano d’uomo), c’è chi lo ritiene essere l’espressione personale di Dio.” “Si tratta della “Veronica Romana” detta, in Abruzzo, “Volto Santo”. Caso unico al mondo in cui l’immagine è visibile identicamente da ambedue le parti, con le tonalità del colore che sono sul marrone e le labbra, leggermente colorate rosso chiaro, che sembrano annullare ogni aspetto materiale. Un velo tenue di bisso, tanto che ponendo un giornale dietro il panno, lo si può facilmente leggere anche ad una certa distanza. I fili orizzontali del tessuto sono alquanto ondeggianti, il tessuto stesso è di semplice struttura, cosicché l’ordito e la trama si intrecciano nella forma più semplice come in una normale tessitura e le misure del panno sono 17,5 di base x 24 cm. di altezza. Una reliquia tanto piccola, quanto immensa per il suo valore religioso, storico e culturale.”

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E’ per noi di Abruzzomania senza dubbio l’immagine di Cristo ed ognuno di coloro che leggerà, tragga le conclusioni che preferisce, noi siamo di questa idea! “E’ impressa, senza i pigmenti tipici della pittura, su un piccolo fazzoletto di bisso marino, tessuto preziosissimo, conosciuto da migliaia di anni, che si ricava dalla Pinna Nobilis, gigantesca cozza alta più di un metro che rimane attaccata alla terra sotto il fondale marino grazie a una peluria da essa prodotta, che viene utilizzata per ottenere un filo sottilissimo, filo con cui è tessuto il telo del Volto Santo.” “Porta impressa l’immagine del Volto di Nostro Signore con chiari segni di ferite e di ematomi e possiede alcune proprietà straordinarie come il fatto che essa è visibile alla stessa maniera da entrambi i lati, essendo il telo molto trasparente, inoltre l’immagine risplende e si modifica a seconda della posizione e dell’intensità della luce (ciò che sarebbe una proprietà del bisso marino). Il velo è conservato in una preziosa cornice posta sull’altare maggiore della chiesa dei cappuccini della cittadina. A differenza della Sindone di Torino, che raffigura la sagoma di un uomo torturato e ormai deceduto, quindi con gli occhi chiusi, il Santo Volto di Manoppello rappresenta il volto di un uomo terribilmente torturato e sofferente, ma vivo e con gli occhi aperti.”

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“Ciò può significare una delle due cose: o l’immagine si è formata prima del decesso durante il supplizio della Via Crucis (si tratterebbe del racconto della Veronica che asciuga il Volto martoriato del Signore sulla via del Calvario, storia a noi pervenuta piuttosto tardi (VI-VII secolo) tramite l’apocrifo Atti di Pilato, oppure si tratta del secondo Sudario, posto nel sepolcro del Signore sopra la Sindone,  diverso da quello della deposizione di Oviedo. Se questa seconda ipotesi fosse quella giusta, il Volto Santo starebbe a testimoniare la resurrezione dell’Uomo che rappresenta. Su queste tre santissime reliquie la scienza ha voluto fare le sue indagini, soprattutto sulla Sindone, dichiarandole tutte e tre un mistero, cioè non spiegabili con alcuna delle scienze umane. Non si tratta quindi di opere artificiali, perché, tra l’altro, manca qualsiasi traccia di colore sui tre tessuti. Molte ricerche sono state fatte da diverse branche della scienza: dalla medicina alla storia della tessitura, dalla chimica e fisica all’ottica e alla botanica (ricerca dei pollini impigliati nel tessuto della Sindone). Nessuno ha potuto trovare spiegazioni scientifiche e razionali su come le immagini si siano potute formare. L’unico test negativo, è quello  del carbonio 14 realizzato sulla Sindone, che però, asseriscono taluni scienziati, sarebbe stato fatto con metodologie inadeguate che non tenevano conto delle condizioni chimico-fisiche delle varie vicende cui fu sottoposta la reliquia e del calore sprigionato dal fuoco nella cappella di Chambéry.”

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Tre immagini dunque che qualcuno ha provato a sovrapporre, nonostante le loro differenze oggettive e che danno origine ad un unico volto di Uomo. I sudari per ora riconosciuti come reliquie di Cristo sono tre. Il più importante è il lino della Sacra Sindone di Torino in cui fu avvolto il corpo del Signore nel sepolcro e vi è rimasta impressa l’immagine su tutta la sua lunghezza sia di faccia che di spalle. Sono visibili i segni delle torture subite: fuoruscite di sangue e di siero, flagellazione, coronazione di spine, perforazione di mani e piedi dovuti alla crocefissione, tutta la narrazione evangelica della Passione.  Poi abbiamo il Sudario di Oviedo, un drappo di lino utilizzato probabilmente da Giuseppe d’Arimatea, dopo la morte del Nazareno, per far uscire dalla bocca e dal naso di Gesù il sangue accumulato che non mostra i lineamenti ben tracciati del Volto e del Capo del suppliziato, con estese chiazze del preziosissimo sangue soprattutto in corrispondenza del naso e della bocca, conservato nella Cattedrale del capoluogo delle Asturie. Infine abbiamo il Volto Santo di Manoppello. Secondo uno studio scientifico, la sovrapposizione di queste tre reliquie fatta in modo cronologico darebbe vita ad unico Volto. Se sopra il volto raffigurato nella Sindone, quindi, sovrapponiamo il lino di Oviedo e infine il Volto Santo, tutto sembra coincidere: ferite, parti anatomiche, proporzioni del viso, segni della passione. A parte il gruppo AB sanguigno coincidente con la Sacra Sindone, le macchie ematiche combaciano perfettamente con quelle del Sudario di Oviedo e con le tracce che troviamo nel Volto Santo.

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Ma andiamo per ordine: raccontare come il Volto Santo sia giunto a Manoppello è come raccontare la trama di un romanzo giallo. Iniziamo dal 705 quando compare a Roma con il nome di Veronica e nello stesso anno scompare da Costantinopoli l’immagine di Camulia (si tratta della stessa “cosa” che nei diversi posti e in tempi diversi cambia nome). Si arriva al 1204 quando l’impero Romano d’Oriente, detto Bizantino, era ancora potente, con il Papa restio a mostrare questa immagine che successivamente inizia a essere venerata ufficialmente. Poi scompare per un certo periodo da Roma per riapparire quando correva l’anno del Signore 1638, con i frati cappuccini di Manoppello che entrano in possesso di questa importante reliquia. Un pellegrino, si dice proveniente dalla Palestina, consegna a Donat’Antonio Leonelli un velo. A questo velo, il VOLTO SANTO, sarà per sempre legato il nome di questo paese, MANOPPELLO. P. Donato da Bomba, nel 1640, scrive la famosa “Relazione Istorica”, conservata nell’archivio provinciale di cappuccini de L’Aquila. In essa viene narrato come il Volto Santo sia giunto a Manoppello portato da un misterioso pellegrino, restato in casa Leonelli fino al 1608, preso con forza da Pancrazio Petrucci, venduto a Giacom’Antonio De Fabritiis e da questi donato ai cappuccini.  La chiesa in cui viene esposto alla venerazione del popolo il Volto Santo il 6 Aprile 1646, fu dedicata a S. Michele Arcangelo e per circa quarant’anni non fu oggetto di culto pubblico, ma custodito quasi privatamente in una nicchia a lato destro dell’altare maggiore. Solo nel 1686 viene costruita nel lato sinistro della chiesa una piccola cappella con un altare ove si trasloca la sacra reliquia e viene introdotta la festa liturgica del 6 agosto, giorno della Trasfigurazione del Signore.

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“L’immagine del Volto Santo per il modo in cui  si è impressa sul velo si colloca al di fuori della spiegazione scientifica. E’ come una diapositiva che ha un davanti e un rovescio. Il rovescio è l’immagine vista in uno specchio. Ponendo il velo contro la luce l’immagine sparisce, rimane solo stoffa bianca ma nella parte in alto fuori dalla figura si nota un diverso tipo di tessuto. Si può addirittura leggere un libro attraverso l’immagine!  La stoffa è molto antica, con una superficie ruvida, ma da un momento all’altro la stessa stoffa appare con una tessitura finissima, trasparente, splendente.  Il volto umano che si vede può essere con un colorito intensissimo e delineato con molta precisione nel disegno dei capelli (immagine che appare compatta in una tonalità scura di un ocra a tratti verdeggiante come nelle icone russe) o si può vedere un tessuto trasparente tanto è sottile. Gli occhi sono di un bianco intenso, con uno sguardo gentile, c’è come un sorriso nell’espressione.  Questo Volto diventa ancora  più  vivo  sotto  i raggi ultravioletti o quando la luce passa dietro e assume un aspetto fluorescente, si vedono delle macchie che sembrano graffi sulla pelle, sulla fronte, sulle guance. Anche il bianco degli occhi, normalmente chiarissimo, e le palpebre, sotto una tale illuminazione, mostrano delle macchie strane.  Guardando i capelli si nota che l’intensità del colore è la stessa vista da entrambe le parti.”

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“Allora vien da chiedersi perché Manoppello sia relegato ai margini dei grandi itinerari storici dei pellegrinaggi cristiani? Probabilmente perché il Volto Santo di Manoppello ha avuto una storia contrastata e misteriosa, per così dire, in secondo piano rispetto alla più famosa Veronica custodita per secoli in San Pietro in Vaticano? Forse perché è superfluo e insostenibile qualsiasi confronto tra la metropoli Torino, già capitale del Regno ed un piccolo e sconosciuto paesino abruzzese, che sconta secoli di distanza e di indifferenza da parte della sua ex capitale (Napoli); per non parlare dell’improponibile coinvolgimento di studiosi della già allora prestigiosa Sorbona di Parigi, con il Volto Santo, studiato in modo approfondito solo negli ultimi anni?”

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“Per fortuna ci sono state le ricerche della tanto piccola quanto immensa Suor Blandina Paschalis Schlömer, donna molto meticolosa, icona del Volto Santo, che ha dedicato la sua vita al Volto Santo, tanto che da alcuni anni ha trasferito la sua residenza come eremita a Manoppello e della sua sensazionale idea sulla sovrapposizione dei due volti, Volto Santo e Sindone di Torino, con la definizione dei famosi punti di concordanza. che ha sviluppato in campo artistico un nuovo metodo di sovrapposizione a cui lavora da vent’anni, che hanno fatto da cassa di risonanza a quella, che se tutto dovesse essere confermato, può essere a giusto titolo definita come la più importante reliquia della cristianità, addirittura più importante per valore religioso alla Sacra Sindone! Da sottolineare che nuove tesi emerse dai lavori di Padre Pfeiffer e di Suor Blandina potrebbero essere di notevole sostegno anche alla rivelazione della effettiva autenticità della Sindone stessa.”

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Questo lavoro straordinario sulla coincidenza dei Volti non è una teoria o una leggenda, ma è un metodo empirico, scientifico, matematico, fisico, seguito passo dopo passo per dimostrare la concordanza di questi punti sulle due reliquie, fenomeno inspiegabile, ma a livello scientifico, invece, la spiegazione esiste ed la concordanza al 100% tra i due volti! A ciò bisogna aggiungere l’altro elemento di straordinario interesse che è la concordanza del volto sul velo di Manoppello con quello rappresentato sulle icone. Con l’aiuto del computer si è potuto dimostrare che sovrapponendo il velo di Manoppello alle immagini delle icone giunte fino a noi esiste una concordanza che statisticamente si attesta tra il 95 e il 100%. Trattasi di percentuale altissima a livello scientifico, e prova inconfutabile che non ci riferiamo ad un fenomeno casuale, verificatosi contro ogni legge della probabilità.

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“La coincidenza tra i volti di Manoppello e di Torino è oramai acclamato che sia un fatto oggettivo, mentre è più difficile fornire una spiegazione scientifica della loro perfetta sovrapponibilità, con l’unica spiegazione possibile è che i due teli debbano essersi trovati nello stesso posto! Potremmo dire che le due reliquie siano state collocate insieme sul volto di Cristo, con il sudario sopra la Sindone, come sostiene il Prof. Pfeiffer. A sostegno di questa tesi inoltre c’è la tecnica fotografica, in base alla quale i due teli devono essere stati uno sull’altro, altrimenti la concordanza al centesimo di millimetro sarebbe impensabile. Inoltre sul Volto Santo è riscontrabile il fenomeno dell’oscillazione dei colori e sul tessuto di bisso marino non si può dipingere, di qui la caratterizzazione dell’essere immagine acherotipa, cioè non dipinta da mano d’uomo.”

Foto Centro Turistico TREe

“Qualcuno sostiene che sia il dipinto che ha copiato la Sindone, ma se uno dipinge con la massima perfezione da due parti di un telo (perché ricordiamo che è possibile vedere l’immagine su entrambi i lati), non risulta mai la totale trasparenza come nel Volto Santo di Manoppello ed essendo stata dimostrata la perfetta sovrapponibilità con la Sindone di Torino, il presunto pittore, avrebbe dovuto prima porre il suo telo sopra la Sindone e copiarne esattamente le fattezze dal negativo, tenendo conto che la Sindone si può vedere solo ad una distanza di almeno un metro e cinquanta, per cui impossibile pensare che siano stati copiati tutti i dettagli così che corrispondano elemento per elemento. Difatti nessun copista ha potuto fare fino ad oggi una perfetta copia della Sindone con mezzi puramente artistici. Infine il presunto pittore avrebbe dovuto girare il tessuto e dipingere dall’altra parte con altrettanta perfezione. Si vede chiaramente che questo procedere non fu possibile per nessun artista, quantomeno per uno del primo o secondo decennio del Cinquecento.”

Foto Sudariumchristi.com

“Altri fenomeni inspiegabili sono che se uno si guarda il Volto e ci si muove a destra e a sinistra, ad un certo momento si vedono le labbra rosa, poi sparisce questo rossore e le labbra diventano brune. Se si illumina diagonalmente dal di dietro, si vede solo un chiaro bruno in diverse tonalità e il rosa sparisce del tutto. Se si illumina dal davanti, viene fuori un bruno più intenso ed anche il rosso delle piaghe della corona di spine alle tempia. Se si toglie del tutto questa illuminazione artificiale, i colori spariscono e viene fuori nella figura un leggero grigio. Tutti questi cambiamenti si possono osservare meglio durante la solenne processione di maggio, con la luce del giorno all’aria aperta. Per cui come spiegare questi colori che cambiano? Se sono colori, come all’occhio appare, di che natura sono? Tale oscillazione di colori infatti si riscontra solo nella natura stessa. Un esempio di colorazione naturale che cambia è nei pesci del Mar Caraibico o nelle ali di farfalle in zone tropicali che oscillano, secondo l’angolatura, tra l’azzurro e il grigio, ma si deve sapere che nella natura non esistono colori, ma qualsiasi oggetto colpito dalla luce bianca, assorbe una parte della luce e riflette il colore complementare, per esempio assorbe il verde e riflette il rosso. Il fenomeno dell’oscillazione è dato così che la superficie dell’oggetto ha diverse angolature e secondo queste angolature, riflette a volte uno e a volte un altro colore. Quindi i fili del tessuto del Volto Santo devono essere cambiati o in superficie o dentro per permettere lo stesso fenomeno. Nessun artista con alcuna tecnica, conosciuta e non conosciuta, può cambiare un tessuto in questa maniera da permettere il fenomeno. in altre parole.”

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“Possiamo pertanto affermare che mentre il tessuto finissimo è opera umana, l’immagine che si vede in esso e si comporta come un fenomeno che si riscontra nella natura non lo è. Questa combinazione inseparabile tra opera umana (tessuto) e fenomeno naturale (immagine), al momento possiamo  chiamarla con l’unica parola che il dizionario ci mette a disposizione; “miracolo” che perdura finché il tessuto non si corrompe, tessuto così fine, dichiarato come bisso marino da Chiara Vigo, l’unica tessitrice conosciuta di questo materiale, che si riscontra solo nell’antichità. Ma un bisso marino si può “tingere”, per esempio metterlo a bagno di porpora, ma non vi si può “dipingere” sopra perché il sale rimanente tra i fili farà prima o poi staccare dai fili qualsiasi colore.”

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Se il primo studio sulla Sindone risale al Febbraio del 1965,  la prima conoscenza del Volto Santo di Manoppello è del 1977 che nel 1984 viene a contatto con Werner Bulst ed Heinrich Pfeiffer, già esperti della Sacra Sindone. In questo periodo inizia lo studio del confronto Sindone/Volto, ottenendo, nel 1991, la prima “sovrapposizione”. Nel 1998 in occasione del convegno intitolato il “Volto dei Volti” tenutosi a Roma, sono esposti i 27 pannelli che dimostrano la piena convergenza della due immagini; pannelli che formano attualmente la nota “Mostra Penuel” di Manoppello.

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“Dipinto a olio? No, perché dovrebbe esserci almeno un po’ di deposito di colore tra un filo e l’altro. Acquerello? No, perché i contorni dell’immagine sono così netti nell’occhio, nella bocca e questa tecnica avrebbe sicuramente intriso in maniera non precisa il filo e quindi avrebbe determinato sbavature nei dettagli. Una stampa? No, perché il velo l’immagine è perfettamente visibile su entrambi i lati. E se, come qualcuno ipotizza, fosse un’opera del 1500,facciamo notare che in questo periodo le tecniche utilizzate non erano così sofisticate. E’ un mistero? E’ sicuramente tutto molto misterioso e questo mistero affascina chiunque entri in contatto con esso ma con un cuore puro, per noi di Abruzzomania è invece e semplicemente il Volto di Gesù resuscitato!”.

Fonti: Albino Gobbi del Centro Studi San Claudio

Badde Paul, La seconda Sindone

Gaeta S., L’enigma del volto di Gesù

Pfeiffer Heinrich   Il Volto Santo di Manoppello

Breve storia di tre simboli della cristianità e rispettivi itinerari di Felice Maggia

https://www.voltosanto.net/

https://it.wikipedia.org/wiki/Volto_Santo_di_Manoppello

http://www.comune.manoppello.pe.it/

https://it.wikipedia.org/wiki/Manoppello

Puntata di “Indagine ai Confini del Sacro” andata in onda il 14 giugno 2016 su Tv2000 (Canale 28) https://www.youtube.com/watch?v=0AQp-XmXFp0

VIDEO

https://www.youtube.com/watch?v=dNGvAAbIIt4

https://www.youtube.com/watch?v=49XVKvTmsuM

https://www.youtube.com/watch?v=k-ReMVLKThY

https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=JObplz5JZGI

https://www.youtube.com/watch?v=–Laxb1Nzhc

Eccellenza d’Abruzzo n. 32 – Caporciano (AQ): Oratorio di San Pellegrino in Bominaco

Eccellenze d’Abruzzo oggi incorona regina d’Abruzzo  Caporciano e la sua eccellenza, l’Oratorio di San Pellegrino di Bominaco … e ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 273 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo, anche il più piccolo, merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento!

Chiedo scusa per la lunghezza, ma una delle più importanti meraviglie d’Abruzzo non meritava di essere descritta in poche righe!

L’Oratorio di San Pellegrino, dichiarato nel 1902 monumento nazionale, e considerato uno dei capolavori dell’Abruzzo romanico-gotico, si trova nello splendido borgo medievale di Bominaco del comune di Caporciano, in località Mamenacus (antico nome di Bominaco) in provincia dell’Aquila, ed è dedicato a San Pellegrino, monaco e martire Cristiano che, intorno al IV secolo, venne dalla Siria in queste zone dove era venerato e trovò la morte e sulla cui tomba venne costruita questa chiesa intorno all’VIII secolo, in seguito appartenuta ad un complesso monastico benedettino del quale fa parte la vicina chiesa di Santa Maria Assunta.

 

Definito a ragione, la “Cappella Sistina d’Abruzzo”, meraviglioso gioiello ed esempio di arte romanica, è la più grande testimonianza ed uno dei tesori più straordinari di pittura medioevale abruzzese. E’ chiamato anche la “Cappella degli Scrovegni di campagna”, perché chi varca la soglia del piccolo edificio può solo restare incantato dinanzi alla ricchezza della decorazione, della luce emanata dalle singole scene che si susseguono in un disordine solo apparente ed anche “la Bibbia dei poveri” perché gli affreschi di Bominaco ci restituiscono oggi i toni, le atmosfere e i linguaggi di una società medioevale e rurale per lo più analfabeta, dove la superstizione e la religione dettavano i tempi, le regole e gli stili di vita. Una vita precaria, fatta di paura, di fame e soprusi, di insicurezza, dove le speranze erano riposte nella preghiera e nella devozione e chi non aveva la bibbia qui poteva “leggerla”.

“E’ difficile immaginare quanta bellezza e ricchezza pittorica sono ammirabili in questo Oratorio che all’apparenza sembra una delle tante piccole chiesette di campagna. Al suo interno si resta incantati ad osservare lo spettacolo di questo luogo “magico”… “un luogo dove magia e Fede si incontrano e si congiungono” ed il ciclo di affreschi ci apre una finestra sul passato riuscendo a comunicare attraverso il tempo in modo straordinariamente efficace.”

Ricostruito nella seconda metà del XIII secolo per opera dell’abate Teodino (data certa della riconsacrazione è il 1263, come dimostra l’iscrizione sotto il piccolo rosone sulla parete di fondo dell’oratorio che recita: “H DOMUS A REGE CARULO FUIT EDIFICATA ADQ P ABATEM TEODINUM START RENOVATA CURREBA…..NNI DNI TUNC MILLE CC ET SEXAGINTA TRES LECTO…….DICITO GENT….”.), si pensa che sia stato eretto per ordine di Carlo Magno (o di Carlo il Calvo)  a cui San Pellegrino gli sarebbe apparso in una visione in seguito alla quale avrebbe rinvenuto, non lontano dal monastero, il corpo del martire, decidendo così di erigere una chiesa a lui dedicata poiché sull’architrave del rosone si legge un’iscrizione che lo riguarda e perché fornì alla chiesa dei terreni e la donò all’Abbazia di Farfa, dalla quale alcuni monaci vennero per fondare una comunità monastica.

L’oratorio, 110 m2 di semplicità, perché quasi grezzo, che visto dall’esterno sembra una piccola chiesetta, come tante, è armonioso e movimentato solo dalla presenza di due rosoni, il primo posto sulla sua facciata frontale ed il secondo su quella posteriore. In un secondo momento la parte anteriore è stata arricchita della presenza di un porticato. Il piccolo ambiente dispone di un’unica navata senza abside è lungo 18,70 metri per 5,60 metri di larghezza, sormontata da una volta a botte ogivale, coperto da volte a cielo di carrozza. Le pareti interne della chiesa sono interamente coperte da affreschi e, insieme a quelli della vicina chiesa di Santa Maria ad Cryptas a Fossa, rappresentano una testimonianza importante della pittura medioevale abruzzese.

Liberato dai rifacimenti ottocenteschi nel corso del restauro, terminato nel 1938, l’altare custodiva al suo interno il corpo del santo, sicuramente motivo di grande orgoglio per l’abbazia, secondo un uso attestato già dal V secolo circa, volto, attraverso la deposizione di reliquie, ad identificare l’altare con la tomba stessa di Cristo, assimilandolo così al sepolcro.

Nel mezzo della chiesa due plutei sono rappresentati da un drago e un grifo, probabilmente sono di riporto da Peltuinum. L’intero corpo dell’edificio è ricoperto di affreschi, stride il contrasto tra l’esterno ed interno, quasi sembra dirci “di guardare oltre le apparenze” e che la vera ricchezza la troviamo nella “semplicità” e probabilmente dove non immaginiamo.

Il culmine della volta, in ogni campata, presenta decorazioni sempre diverse che si stendono come preziosi tessuti ricamati. Sulla prima un cielo blu notte ricoperto di grandi stelle che, regolari e disposte su file, lo illuminano. Tra queste, a sinistra, tre misteriosi uccelli, due bianchi e uno nero, si appoggiano sulla cornice. La campata successiva è un tripudio di colore: due nastri bruni si intrecciano dando luogo ad anelli continui riempiti all’interno da rossi fiori, da ottagoni bicromi, losanghe decorate, tutto a ricoprire un cielo azzurro sul quale, tra gli anelli, compaiono le stelle. Curiosa la presenza della figura di un leone, simbolo dell’Evangelista Marco, apparentemente inserito senza uno scopo preciso all’interno della decorazione. Sulla terza campata è invece una fascia che spartisce geometricamente lo spazio, nei toni sfumati del rosso e dell’azzurro, ripiegandosi rigida e tridimensionale. Nell’ultima campata un più regolare, dal punto di vista coloristico, modulo geometrico, crea, tra grandi stelle a otto punte, motivi cruciformi rossi e verdi. Ovunque quindi torna la stella, anche se in forme diverse e il cielo quale elemento unificatore dell’insieme, accompagnato ai tralci vegetali che, più rigogliosi e naturalistici in alcuni punti, più stilizzati e rigidi in altri, incorniciano scene, spartiscono spazi, celano ed annullano le strutture portanti.

Lo straordinario ciclo di affreschi pittorici istoriati intrecciati tra loro, in modo complesso e a tratti disordinato, rappresenta episodi tratti dal Vangelo, la Deesis (dal greco δέησις, “supplica”, “intercessione”), tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina molto diffuso nel mondo ortodosso, uno dei più antichi calendari monastici con le personificazioni dei mesi, i segni zodiacali e le fasi lunari, e per avere più chiara la disposizione delle scene è bene tener conto che queste vedono nella controfacciata il loro inizio o la loro fine, disponendosi secondo un principio circolare, che si sviluppa da sinistra a destra, per cui l’apparente senso di disordine è in realtà frutto di una logica compositiva atta a trascendere lo spazio architettonico, favorendo il coinvolgimento del fedele in uno spazio spirituale, puramente cristiano.

Pertanto è seguito un filo logico e discorsivo sulla vita di Cristo e sono intitolati,  rappresentati sulle pareti interne del modesto edificio e dipinti da maestri differenti, “Il Maestro dell’Infanzia”, “Il Maestro della Passione”, “Il Maestro Miniaturista” e “Il Calendario Bominacense”. Il primo ciclo dedicato alle Storie dell’Infanzia che comprende Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio dei pastori, l’Adorazione dei Magi e la Strage degli Innocenti; poi i due cicli forti dell’Anno liturgico, il ciclo del Triduo pasquale della Passione di Cristo, con l’entrata a Gerusalemme, la lavanda dei piedi, l’Ultima cena, il tradimento di Giuda, l’arresto, il processo, Pilato che si lava le mani, la Flagellazione, la Deposizione dalla croce, la Deposizione nel Sepolcro, indi l’Incontro e l’apparizione ad Emmaus, la Vita di Maria, direttamente sulla porta d’ingresso due Profeti del Vecchio Testamento, Zaccaria in alto ed Isaia in basso e scene del Giudizio Universale, diviso nelle scene della Pesa delle anime, i 3 patriarchi con le anime in grembo dei beati dopo la morte e S. Michele che pesa le anime, poi Adamo, Daniele, Samuele, Salomone ed Elia, San Pietro che apre le porte del paradiso, Cristo assiso Benedicente tra i 4 Apostoli, poi cinque figure di Profeti, Mosè, Giobbe, Giona, Isaia Abdia, scene dell’Inferno con i dannati torturati dai demoni, cui seguono, il ciclo del Natalizio più gli apostoli e i vari santi che la comunità onorava nelle proprie chiese, tra cui 6 storie dedicate a San Pellegrino e sotto il suo affresco gigantesco è visibile il gruppo dei 4 Santi, San Cristoforo (presenza giustificata dalla credenza, non solo abruzzese, che, se guardato giornalmente, avrebbe preservato da una morte improvvisa, come si legge anche dall’iscrizione posta tra le sue gambe), Sant’Onofrio, San Martino (che divide il mantello con il povero), e San Francesco d’Assisi (rivolto a destra con il busto, il suo gesto con la mano sinistra si può mettere in relazione con la scena corrispondente sul lato opposto, l’Ingresso a Gerusalemme, inerente la Passione, fungendo così da tramite tra il fedele e l’avvenimento della storia santa), come indicato nell’interessantissimo e raro Calendario liturgico cristiano Bominacese ivi dipinto, tra i pochi e meglio conservati, di cui restano leggibili soltanto i primi sei mesi raffigurati tramite i segni zodiacali, le attività dell’uomo e le festività della diocesi di Valva (Corfinio), al quale apparteneva l’oratorio, con il mese di Gennaio rappresentato da un uomo che beve vino, Febbraio da un uomo che pota un albero, Marzo da un uomo dormiente, Aprile da un uomo che tiene due fiori, Maggio da un uomo a cavallo con un fiore e infine Giugno da un uomo che coglie il frutto. Il tempo del lavoro dell’uomo si identifica così con il tempo di Dio, l’Ora et Labora della regola di S. Benedetto, con lo spazio architettonico della chiesa che scandisce il tempo della chiesa stessa. Per finire, al culmine della controfacciata si osserva un medaglione con l’Agnus Dei, simbolo per eccellenza del sacrificio di Cristo anche se le scene della Crocifissione e della Resurrezione non compaiono poiché gli affreschi in San Pellegrino celebrano i contenuti essenziali della fede cristiana.

Tali cicli si mostrano lineari, ma spesso alcuni riquadri sono più grandi degli altri, occupando tutto lo spazio, con distinzioni appena visibili nella separazione delle sequenze da cornici esili. Dipinti, quando si osservano meritano un religioso silenzio, perché è l’energia del luogo “che parla”. Gli storici hanno evidenziato la mano di tre artisti per via delle differenze tra i cicli, per questo si ritiene plausibile che gli affreschi furono concepiti come emanazione della stessa liturgia che i monaci celebravano nel coro conventuale e che pertanto gli autori dei vari affreschi furono gli stessi monaci. Infatti “L’insieme pittorico esprime una simbiosi culturale che soltanto la comune educazione teologica e la medesima sensibilità monastica potevano produrre.

Un bassorilievo con due angeli intorno ad un piccolo foro e un’iscrizione che recita “CREDITE QUOD HIC EST CORPUS BEATI PELLEGRINI”, si trova in una cavità a destra del blocco d’altare, nella quale, secondo la tradizione locale, era possibile inserire il capo appoggiando l’orecchio in corrispondenza del foro e così ascoltare il battito del cuore del santo. Probabile reviviscenza dell’antico rito dello “strofinamento” con la terra nella quale trasferire il proprio male, connesso, in epoca cristiana, generalmente a quei santi che avevano un particolare legame con le grotte. Quest’uso si ritrova anche in altri luoghi sacri d’Abruzzo, ad esempio nell’Eremo di S. Venanzio a Raiano o a Santa Colomba ad Isola del Gran Sasso.

Gli spazi interni dell’oratorio sono divisi in due da due plutei decorati da un simurgh sasanide, una sorta di drago e un grifone, animale mitologico della cultura mesopotamica, che servivano per separare gli spazi dedicati ai fedeli da quelli riservati ai catecumeni.

Vari sono i riferimenti, da quelli della tradizione iconografica bizantina delle scene, desunta soprattutto dai modelli offerti dalla miniatura orientale, sulla quale si innestano elementi tipici della cultura occidentale, specialmente locale abruzzese. Ad esempio l’abito indossato da Maria Vergine nella scena della Visitazione, composto dal “maphorion” sotto il quale si vede spuntare la veste a rombi, desunta dal vestiario locale, e in molte scene si nota il superamento dell’immobilismo bizantino-romanico, infatti alcuni brani fanno capolino elementi iconografici d’ispirazione francese.

I riquadri volgono alla ricerca del particolare con spunti di vita quotidiana, e gesti dei personaggi fortemente espressivi. Manca nel ciclo la Crocifissione, sostituita dalla Deposizione, episodio non troppo frequente nella tradizione occidentale. Il particolarismo è presente soprattutto nella scena di Emmaus, con la corta veste e il bastone, descrittivismo autentico degli affreschi di Bominaco. L’uso disinvolto del colore e il disinteresse per gli effetti plastici e spaziali portano il maestro della Passione verso la ricerca di una resa popolaresca bidimensionale della realtà.

Il ciclo di affreschi si denota una certa uniformità di linguaggio che è caratterizzato dal naturalismo gotico sul quale si innestano richiami benedettini e bizantini la cui personale reinterpretazione fanno del ciclo di affreschi di Bominaco una testimonianza preziosa, anticipatrice della stagione pittorica duecentesca, prima della pittura giottesca, che con l’introduzione della tridimensionalità cambierà per sempre l’arte italiana ed europea.

Ciò che rimane misteriosa è l’identità del santo che l’iscrizione nel primo riquadro indica proveniente dalla Siria: “DE SIRIA S(an) C(tu)S PEREGRINU (s) VE(n) IT AD URBE(m)”. Il Pellegrino qui citato che il Calendario dipinto indica celebrato il 18 Novembre e le storie rappresentate, non coincidono con nessun S. Pellegrino conosciuto. Si escludono così il S. Pellegrino venerato sull’Appenino Tosco-Emiliano, il S. Cetteo vescovo di Amiterno venerato sulle coste dalmate con il nome Pellegrino, annegato nel 590 dai Longobardi nelle acque del fiume Pescara e festeggiato il 13 Giugno, il S. Pellegrino, le cui reliquie sono conservate ad Ancona ed il santo vescovo di Terni festeggiato il 16 Maggio.

Ricollegandosi alla presunta fondazione carolingia citata nel Chronicon Vulturnense, lo stesso imperatore Carlo Magno, dopo la visione, dovette chiedere agli abitanti del luogo notizie sulla vita del santo a lui apparso. Si potrebbe allora ipotizzare l’esistenza di un culto locale di origine popolare che trasforma un santo pellegrino in San Pellegrino, protettore dei viaggiatori, visto che nella prima scena il santo indossa un copricapo tipico del pellegrino?

Per finire? Una sola parola: “IMMENSO”!

Foto by Centro Turistico TREe

Fonti: Wikipedia – Serafino Lo Iacono,  “Bominaco, insonne desiderio di Dio” – Rossella Tirimaccohttp://abruzzoforteegentile.altervista.org/la-cappella-sistina-dabruzzo-loratorio-di-san-pellegrino-a-bominaco/

http://abruzzando.com/oratorio-di-san-pellegrino-bominaco/ http://www.storiadellarte.com/articoli/guida/AFFRESCHI%20ORATORIO%20DI%20SAN%20PELLEGRINO.html

http://www.iluoghidelsilenzio.it/oratorio-di-san-pellegrino-caporciano-aq/

http://www.comunecaporciano.aq.it/c066022/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/9

https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=150510&pagename=57http://www.camminareinabruzzo.it/2017/03/07/il-meraviglioso-ciclo-di-affreschi-di-san-pellegrino-a-bominaco/http://discoveryabruzzomagazine.altervista.org/caporciano-aq-il-borgo-medievale-di-bominaco-a-cavallo-fra-leggenda-e-storia-mitologia-e-religione/