Eccellenza d’Abruzzo n. 28 – Bucchianico (CH): San Camillo de Lellis, il gigante del Cristianesimo

Eccellenze d’Abruzzo oggi presenta il Gigante del Cristianesimo, San Camillo De Lellis, che abbiamo la fortuna di annoverare tra i santi della nostra regione in quel di Bucchianico … e ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 277 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo e di avere il suo riconoscimento, anche il più piccolo!

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Chiedo scusa per la lunghezza dell’articolo, ma non sono stato in grado di tagliare alcunché perché tutto ciò che ho trovato scritto di questo Gigante andrebbe non tagliato ma ingrandito a caratteri cubitali!

Una storia incredibile quella di San Camillo de Lellis! Da bravaccio involgarito pigro, rissoso e soldato di ventura a gigante del Cristianesimo e di forza, coraggio, carità e dolcezza! Da sfrenato giocatore di dadi a fondatore dell’Assistenza infermieristica! Da mendicante a donatore d’amore! Da ragazzo maleducato a precursore della Croce Rossa! Da piccolo ribelle a celeste patrono della sanità civile e militare, degli ospedali e delle case di cure, degli ammalati (insieme con san Giovanni di Dio) e della Regione Abruzzo (insieme a San Gabriele). Da uomo finito, incline ai vizi del mondo, a zelante servo i malati nell’ospedale degli incurabili come fossero Cristo stesso! Camillo, nome premonitore che significa “ministro del sacrificio”, colui che trasformò gli ospedali da luoghi di morte a luoghi d’Amore. Ecco perché il 25 maggio del 1550 data della sua nascita quest’importante evento connotò la vita di Bucchianico!

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Nel 1574, a ventiquattro anni d’età, Camillo de Lellis era un uomo finito. Nato da una madre molto anziana la domenica di Pentecoste dell’anno Santo 1550,  molto robusto e più alto del normale (da grande sopravanzerà quasi tutti dalla testa in su), ma la madre aveva anche il cuore rattristato a causa di qualche triste premonizione. Di fatto, nessuno riuscì ad educarlo. A solo tredici anni, piccolo ribelle irriducibile, iniziò ad accompagnare il padre da un presidio militare all’altro, assimilando da lui una passione distruttiva per il gioco dei dadi e delle carte e dall’ambiente un atteggiamento da bravaccio involgarito.

Per alcuni anni visse la vita del soldato di ventura, giocandosi la vita nelle battaglie, nelle risse, per potersi poi giocare i soldi così guadagnati. Nel 1574 scampò ad un naufragio e, sceso a terra a Napoli, fu preso da una tale frenesia per il gioco che il “perdersi anche la camicia” non fu un modo di dire. Finì randagio come un cane, vagabondando senza meta, con vergogna, elemosinando davanti alle chiese con “infinito rossore”. Alla fine dovette adattarsi a lavorare per la costruzione di un convento di cappuccini conducendo due giumenti carichi di pietre, calce e acqua per i muratori.

Ma la vicinanza di quei frati, appena riformati e ancora nel loro pieno fervore, non gli era indifferente. Durante un viaggio al convento di S. Giovanni Rotondo, era l’anno Santo 1575, incontrò un frate che se lo prese in disparte per dirgli: “Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore…”. Nel lungo viaggio di ritorno, tra gli anfratti del Gargano, Camillo meditava. Ad un tratto scese di sella, si buttò a terra piangendo: “Signore, ho peccato. Perdona a questo gran peccatore! Me infelice che per tanti anni non ti ho conosciuto e non ti ho amato. Signore, dammi tempo per piangere a lungo i miei peccati”. Chiese di diventare cappuccino, ma venne dimesso dal convento, per una piaga che non cessava di suppurare.

Con rinnovato spirito, Camillo tornò a quell’ospedale a cui la malattia sembrava incatenarlo, l’Ospedale romano di S. Giacomo, dove si trattavano le più orribili malattie e dove, nel passato, vi si era perfino impiegato per curare gli altri malati, guadagnandosi così di che vivere. All’ospedale degli “Incurabili” giungevano i malati più ripugnanti, i rifiuti della società, spesso orribili a vedersi, che venivano addirittura scaricati sulla porta dell’edificio.

Nel XVI secolo, i malati erano in mano a dei mercenari; alcuni, delinquenti costretti a quel lavoro con forza, altri, per non aver diversa possibilità di guadagno. Quando Camillo e i suoi cominceranno a lavorare nell’ospedale maggiore di Milano (la “Ca’ granda”) troveranno che i luoghi di degenza sono in tale stato che Camillo li considera “causa di morte”: “Iddio sa quanti ne morirono l’anno per questo andare a quelli sporchi, fetosi e fangosi lochi“. Di nuovo agli ” Incurabili “, Camillo era ormai noto per la sua conversione. Ben presto lo nominarono Maestro di Casa, cioè responsabile immediato dell’andamento economico ed organizzativo. Cominciò a mettere ordine. Notte e giorno, era solito comparire e quando nessuno se lo aspettava, richiamando, rimproverando e costringendo ognuno a fare il suo lavoro e a farlo bene. Controllava gli acquisti, litigava con i mercanti, rimandava indietro le partite di merce avariata. Senza sosta, esortava gli inservienti e spiegava loro che: “I poveri infermi sono pupilla et cuore di Dio et… quello che facevano alli detti poverelli era fatto allo stesso Dio“.

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Un pensiero fisso lo ossessionava: sostituire tutti i mercenari con persone disposte a stare coi malati solo per amore. Desiderava avere con sé gente che non per mercede, ma volontariamente e per amore d’Iddio gli servissero con quell’ amorevolezza che sogliono fare le madri verso i propri figli infermi. Reso manifesto il progetto, destò subito preoccupazione perché alcuni temevano che interessi e abitudini sarebbero stati messi in discussione e che Camillo avrebbe finito con l’impadronirsi dell’ospedale; altri ben ispirati, considerarono il progetto irrealizzabile. Osteggiato, Camillo ed i suoi compagni lasciarono l’ospedale degli “Incurabili” dove ormai non li volevano più e si ritrovarono in una poverissima casetta dove non avevano che due coperte in tre, e la notte dovevano fare a turno per coprirsi. Cominciarono così la loro libera attività nel grande ospedale romano di Santo Spirito, il glorioso Hospitium Apostolorum. Sisto IV, il Papa della Cappella Sistina, rinnovò l’ospedale con una tale magnificenza da riproporre almeno idealmente il valore originario: “Culto d’amore dovuto a Cristo, Dio e uomo, ammalato nei poveri. Purtroppo anche in questo ospedale era visibile la sua miseria terrena. Gli uomini si mostravano di fatto indegni di quella solenne struttura ed il problema dei mercenari era simile a quello degli altri ospedali, problemi igienici e sudiciume umiliavano quello splendore.

In quel luogo, per 30 anni lavoreranno Camillo e i suoi amici divenendo pian piano una nuova congregazione religiosa, l’Ordine dei Ministri degli Infermi, che diventeranno poi i Camilliani,stabilirono il seguente paradigma: il corpo prima dell’anima, il corpo per l’anima, l’uno e l’altra per Iddio eche ebbero il permesso ad ognuno di portare l’abito nero come i Chierici Regolari, ma con il privilegio di una croce di panno rosso sul petto, come espressione della Redenzione operata dal dono del Preziosissimo Sangue di Cristo.

Per essi l’ospedale era tutto, e nel servizio iniziarono a lasciare il segno del carisma che Camillo andava trasmettendo ai suoi: la tenerezza. Egli riuscì  ad esigere che le corsie fossero ben arieggiate, che ordine e pulizia fossero costanti, che i pazienti ricevessero pasti salutari e che i malati affetti da malattie contagiose fossero posti in quarantena. Aggiunse ai tre abituali voti di povertà, castità e obbedienza, il quarto, quello di “perpetua assistenza corporale e spirituale ai malati, ancorché appestati”. Non era infatti inusuale incontrarlo nelle corsie in atteggiamenti di vera e propria adorazione dei malati, tanto era il rispetto che ne aveva. Un testimone riferì di averlo visto “stare ingenocchiato vicino a un povero infermo ch’aveva un così pestifero e puzzolento canchero in bocca, che non era possibile tolerarsi tanto fetore, e con tutto ciò esso Camillo standogli appresso a fiato a flato, gli diceva parole di tanto affetto, che pareva fosse impazzito dell’amor suo, chiamandolo particolarmente: Signor mio, anima mia, che posso io fare per vostro servigio? pensando egli che fosse l’amato suo Signore Giesù Christo...” (dagli Atti di canonizzazione).

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Quando la sera tornava in convento, chiamava i suoi frati, metteva un letto in mezzo alla sala, ammucchiava materassi e coperte, chiedeva a uno di distendersi, e poi insegnava agli altri come si rifaceva un letto senza disturbare troppo il malato, come si cambiava la biancheria, come bisognava atteggiare il volto verso i sofferenti. Poi li faceva provare e riprovare. Ogni tanto gridava: ” Più cuore, voglio vedere più affetto materno ” Oppure: ” Più anima nelle mani “. Camillo, illetterato e capace di accedere all’Ordinazione sacerdotale solo per i meriti acquisiti “sul campo”, divenne, di fatto, il fondatore della assistenza infermieristica, la cui testimonianza ci è lasciata nelle “Regole per ben servire i malati” (Archivio di Stato di Milano), una preziosa testimonianza di tecniche infermieristiche finalizzate al benessere del malato.

Pian piano andavano aumentando i giovani che desideravano condividere la sua vita. Camillo ebbe così la possibilità di “occupare” altri ospedali. Giunse fino a Napoli, Genova, Milano, Mantova, Milano dove scoppiò la dura questione degli ospedali e dove senza consultarsi con nessuno, colse l’occasione propizia per farsi affidare tutto l’ospedale, per curare cioè non solo l’assistenza ai malati ma l’intera gestione materiale di tutto, perché per Camillo qualunque cosa riguardasse  i suoi poveri, gli ammalati, era sacra e da accogliere. Ormai prossimo al termine della sua vita, si ritrovò con 14 conventi, 8 ospedali (di cui 4 sotto la sua completa responsabilità) e con 80 novizi e 242 religiosi professi.

Morì a 64 anni dettando il suo testamento per lasciare in eredità la totale e minuziosa consegna di se stesso:
Io Camillo de Lellis… lascio il mio corpo di terra alla medesima terra di dove è stato prodotto Lascio al Demonio, tentatore iniquo, tutti i peccati e tutte le offese che ho commesso contro Dio e mi pento sin dentro l’anima… Item lascio al mondo tutte le vanità… Item lascio et dono l’anima mia e ciascheduna potestà di quella al mio amato Gesù e alla sua S, Madre… Finalmente lascio a Giesù Christo Crocefisso tutto me stesso in anima e corpo e confido che, per sua immensa bontà e misericordia, mi riceva e mi perdoni come perdonò alla Maddalena...”. Rappacificato con la vita, spirò il 14 luglio 1614 e i  suoi resti mortali restano sepolti nella piccola chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma.

Dalla demolizione della chiesa di San Cristoforo, eseguita dallo stesso Camillo si realizzò il convento e dai numerosi testimoni chiamati in causa nel processo di beatificazione del santo, sappiamo che, per l’edificazione, che terminò nel 1615, furono portati a Bucchianico 7 muratori da Roma. Camillo canonizzato nel 1746 è festeggiato il 14 e 15 luglio ed oggi i Camilliani sono presenti nei cinque continenti.  Nel tempo si sono formate comunità di religiose e sono sorti in varie parti del mondo gruppi di laici, uomini e donne, che hanno fatto proprio il carisma e la missione di San Camillo: tutti insieme, Ordine in testa, costituiscono “La Famiglia Camilliana”.

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In ultimo come non raccontare uno dei suoi strepitosi miracoli, avvenuto nell‘anno della carestia del 1612 in contrada San Rocco sul terreno detto “il campo delle fave”, a memoria di un atto di carità di S. Camillo , dove oggi sorge il Centro di Spiritualità intitolato al giovane studente camilliano Servo di Dio “Nicola D’Onofrio”. I diversi testimoni che deposero al Processo di Canonizzazione narrano di un approvvigionamento generale e continuo, senza limiti, che seppe subito del miracoloso. Qualcuno ha dato anche la resa delle piante in quell’anno, e il clamore suscitato dal fatto fece accorrere personaggi illustri a vedere coi propri occhi il campo del miracolo.

Foto pozzo del miracolo by Abruzzomania

Fonti: www.comune.bucchianico.ch.gov.it/ – www.proloco-bucchianico.it/ – it.wikipedia.org/wiki/Bucchianico – it.wikipedia.org/wiki/Camillo_de_Lellis – www.parrocchiasancamillo.it/ – www.santiebeati.it/dettaglio/28250 – www.sancamillo.org/ – www.camilliani.org/i-primi-anni/

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