Borghi Impossibili d’Abruzzo – Alfedena

(M. C. ESCHER, foto by flickr.com)

Borghi mozzafiato – “A” di Alfedena

Il Ponte, Alfedena, M.C. Escher, 1937 (foto by Pinterest)

(Vedi Intro)

Forse non si ergerà a picco su di una roccia, forse non farà venire le vertigini come gli altri borghi di cui stiamo già parlando ma Alfedena aveva, comunque, il potere di colpire nel profondo gli occhi di chi la visitava. E, in un certo senso, lo ha ancora oggi. Soprattutto ai tempi in cui M. C. Escher decise di immortalarlo, ancora intatto prima della parziale distruzione subita durante la II Guerra Mondiale, Alfedena aveva qualcosa di magico che riusciva a superare la realtà e la percezione umana. Un luogo dove la cognizione dello spazio si faceva incerta e ambigua e dove il fulcro centrale era rappresentato dal “Ponte” che univa le abitazioni sospese tra una parte e l’altra del profondo fossato. Il paese in provincia dell’Aquila, situato nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, pareva un borgo impossibile più all’interno che al suo esterno.

Un disordine grandioso, il labirinto del borgo di Alfedena, che affascina l’artista olandese, così come, per quel che è rimasto, il visitatore del nostro secolo, seppur scoraggiato dal mettere piede in un mondo così incerto, ma attratto dalla sua stessa architettura caotica, costruttivamente impossibile e capace di portare in luce gli errori percettivi compiuti dai nostri sensi durante la sua osservazione. Errori che si prestano, da un lato, a diventare piacevoli visioni da scoprire e assaporare con gli occhi e, dall’altro, a denunciare il crollo della ragione che non riesce a capacitarsi dell’irrazionalità delle sue costruzioni.

Chiesa dei SS. Pietro e Paolo (foto by La Stampa)

Oggi il fulcro del borgo di Alfedena non è più il “Ponte” immortalato nell’opera di Escher ma, dopo la ricostruzione, la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo da cui il “labirinto” di vicoli e stradine si propaga nei confronti di tutto l’abitato e che si protende verso la roccaforte del Castello dal quale, nel caso ci si fosse persi, è possibile affacciarsi per scorgere la via d’uscita dal paese.

Castello di Alfedena (foto by Wikipedia)

L’olandese, però, non fu suggestionato solo dall’interno del borgo ma anche dal contesto ambientale e dal paesaggio circostante. Ecco allora che decide di immortalarlo nuovamente, stavolta con un altro paese sullo sfondo, quello di Scontrone, divenuto anch’esso borgo dell’arte grazie anche ai numerosi murales sparsi tra i suoi vicoli.

La litografia non rappresenta, però, solo un contesto paesaggistico con le sue prospettive ma racconta anche di un curioso aneddoto legato alla storia e alla cultura di Alfedena.

M.C. Escher, Alfedena, 1930 (foto by Arthive)

Se si osserva attentamente l’immagine, si possono facilmente notare gli strani alberi in primo piano, alti e con un solo ciuffo di foglie sulla
cima. Sembrano piante che non fanno parte della natura abruzzese, invece, non sono altro che salici, olmi e in gran parte pioppi. Ma perché Escher avrebbe dovuto rappresentarli in questa maniera?

In realtà gli alberi erano realmente sistemati in questo modo dagli abitanti del paese, non per un puro fatto estetico ma per un motivo molto preciso. La popolazione di quel periodo era povera e basava il suo sostentamento quasi ed esclusivamente sulla pastorizia. Ecco, allora, che, durante i rigidissimi inverni, quando le loro capre non riuscivano più a nutrirsi con l’erba dei prati ricoperti da spesse coltri di neve, i pastori raccoglievano per loro le foglie dei rami più bassi, lasciando solo quelle delle cime dove non riuscivano ad arrivare.

Riuscirai a districarti anche tu una volta entrato nel labirinto del borgo di Alfedena?

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Borghi Impossibili d’Abruzzo – Altino

(M. C. ESCHER, foto by flickr.com)

Borghi mozzafiato – “A” di Altino

(vedi Intro)

(foto by Nico di Santo, Paesaggi d’Abruzzo)

Il nostro sogno attraverso i borghi d’Abruzzo che sfidano l’impossibile continua, anzi, sarebbe meglio dire ricomincia, con la lettera “A” di Altino (CH). Osservando il paese attentamente, la prima immagine che ci salta nell’occhio è quella di un piccolo paese costruito su di una liscia roccia che svetta in alto tra un paesaggio di dolci colline. Infatti, non a caso, i profughi sfuggiti nel 452 d.c. dagli Unni di Attila che incendiarono le loro abitazioni nel porto militare di Altinumnella, oggi quartiere della città di Venezia, scelsero questo luogo per fondarvi il loro nuovo insediamento. Sembra un gioco della natura… ma se ci mettessimo ad osservare non più con la semplice ragione ma con uno sguardo libero da ogni tipo riferimento mentale, allora ci potrebbe succedere di vedere che le case sono costruite a forma di spirale. E’ come se gli abitanti avessero deciso di edificare il paese sopra il guscio di una lumaca o, come si direbbe in dialetto abruzzese, di una “ciammarica“. Al centro del tutto troviamo la facciata della maestosa Chiesa di Santa Maria del Popolo e, a partire da questa, tutte le alter costruzioni che sembrano girarle attorno, dai palazzi signorili alle case antiche di origine medioevale.

Sembra quasi che il nostro M. C. Escher (il famosissimo disegnatore olandese che ha trovato la sua ispirazione proprio dopo aver visitato l’Abruzzo) si sia divertito a ricreare uno dei suoi capolavori dell’illusione ottica, le immagini dove tutto ha un inizio ma dove non c’è una fine. E lo stesso effetto che si prova una volta che si visita Altino, come se ci si fosse immersi all’interno di un vortice infinito di meraviglie, dovuto alla sua particolare bellezza.

(M. C. Escher al lavoro, foto by Biografias y Vidas)

Non sarebbe uno scherzo se vi dicessimo che le “ciammariche“, ad Altino, sono molto apprezzate nella cucina del territorio, ma il pezzo forte, non solo della sua enogastronomia, è ben altro. A rubare la scena a tutto e a tutti è il Peperone rosso Dolce di Altino che, una volta fatto essiccare, diventa, non solo l’ingrediente da inserire nella preparazione dei piatti tipici locali, ma l’elemento centrale attorno a cui ruota quasi tutta la cucina abruzzese. Lo sanno bene i suoi abitanti che, ogni anno, dopo i suoi Santi Cosma e Damiano, lo festeggiano con il Festival del Peperone Dolce di Altino. Proprio come la Chiesa attorno alla quale gira tutto il borgo, e proprio come le opere di Escher che dal particolare riuscivano a proiettare la mente umana verso l’Infinito. Chissà in quale altro borgo psichedelico ci porterà il nostro artista olandese.

Per il momento, mentre aspettiamo, andiamo a visitare Altino, dunque, e lasciamoci trascinare dal suggestivo vortice di emozioni nel quale qualsiasi visitatore, con gli occhi capaci di vedere oltre, può farsi coinvolgere.

 

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Borghi Impossibili d’Abruzzo – Castrovalva

(M. C. ESCHER, foto by flickr.com)

Borghi mozzafiato – “C” di Castrovalva

(vedi Intro)

(foto by Wikipedia)

Borghi che sfidano la nostra percezione, che mentre ci proiettano verso l’infinito attraggono il nostro sguardo verso i loro piccoli particolari. Così come ci succede quando, ad esempio, sull’Autostrada dei Parchi, ci capita di arrivare nei pressi dell’uscita di Cocullo in direzione Roma e in lontananza scorgiamo Castrovalva, frazione nel Comune di Anversa degli Abruzzi (Aq). E’ proprio questo il luogo dal quale vogliamo cominciare la nostra avventura alla ricerca dei “Borghi Impossibili d’Abruzzo” e che riesce ad esprimere al meglio ciò che desideriamo farvi scoprire. Le stesse identiche caratteristiche che si possono riscontrare se si osservano le stravaganti opere dell’artista olandese dei primi del ‘900 Maurits Cornelis Escher, viaggiatore ed esploratore, non solo di nuove frontiere nelle quali esprimere la sua arte e con la quale voleva cercare di rappresentare l’impossibile, ma anche di nuove frontiere da esplorare e nelle quali sognava di imbattersi per far suscitare in se stesso nuove intuizioni. E proprio Castrovalva, borgo impressionante, costruito sfidando la forza di gravità sull’estremità di una rupe rocciosa a strapiombo sulle Gole de Sagittario, che solo a passarci vicino riescono a mozzare il fiato, sembra essere stato per l’artista olandese una delle maggiori fonti di ispirazione. Questo luogo è tutt’oggi impresso all’interno di una sua opera conservata nella Ottawa National Gallery del Canada. Di Castrovalva e, soprattutto di M. C. Escher, avremo modo di parlare più approfonditamente in seguito.

(foto by Visit Anversa Degli Abruzzi)

“Mi fermai su questa stretta mulattiera quasi un giorno intero e disegnai per tutto il tempo. Sopra di me c’era una scuola e sentivo le chiare voci dei bimbi che cantavano.” (M. C. Escher)

(foto by borghi magazine)

Ricordatevi, però, di andare a visitare di persona questo luogo, l’unico modo per vivere veramente le immense emozioni che è in grado di suscitare!

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Borghi Impossibili d’Abruzzo – Intro

(M. C. ESCHER, foto by flickr.com)

Borghi mozzafiato

Luoghi che vanno oltre ogni immaginazione, spettacolari visioni dove non si riesce a percepire ne un punto d’inizio e ne una fine, rocce che si tramutano in abitazioni, architetture impossibili. I borghi costruiti in Abruzzo sono una sfida alla percezione e nascondono, sotto la loro apparenza, un’esperienza millenaria di cui oggi non abbiamo più traccia, un’istinto di sopravvivenza che ha portato alla realizzazione di luoghi e paesaggi che si rivelano dei veri e propri paradossi della logica.

I primi ad apprezzare la straordinarietà di questi posti furono i viaggiatori stranieri del Nord Europa che arrivavano in Abruzzo in cerca di nuovi e maestosi luoghi ancora inesplorati e da scoprire, spesso artisti e scrittori che, rimanendo incantati da superbe visioni, riuscivano così ad esaltare il loro estro. Il motivo per il quale i borghi abruzzesi trasmettono così tanto fascino è perché, oltre ad essere belli, riescono a colpire il nostro intimo.

M. C. Esher, autoritratto (foto by PescaraPescara)

Proprio come il grande Mauritius Cornelis Eschner, l’incisore e grafico olandese, vissuto tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento,  per il quale la nostra regione è stata la maggiore fonte d’ispirazione da cui trarre ispirazione per la sua arte “illusoria” e dal quale abbiamo deciso di prendere spunto per questo nostro straordinario viaggio.

Ancora oggi, se ci capita di ritrovarceli difronte, ancora meglio se dal vivo, ci viene subito l’impressione di esserci imbattuti in un paradosso a cui dare una spiegazione, una situazione apparentemente assurda, illogica, ambigua, ma che sta lì davanti ai nostri occhi e non riusciamo a spiegare. Ed è forse per questo motivo che siamo così inconsciamente attratti da loro. Attrazione che, probabilmente, non dipende solo dalla bellezza in se di questi borghi, ma dal meccanismo del pensiero che si innesca nella nostra mente proprio nell’istante in cui le guardiamo con attenzione e cerchiamo di spiegarle.

Borghi che sfidano la nostra percezione, che mentre ci proiettano verso l’infinito attraggono il nostro sguardo verso i loro piccoli particolari…

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