Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo. Oggi Abruzzomania, con la rubrica Eccellenze d’Abruzzo, presenta la sua 54° Eccellenza, quella del comune di Ortona in provincia di Chieti, la sua straordinaria Cattedrale di San Tommaso. Ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione, per cui ne mancano all’appello 251, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.
Tutto ebbe inizio quando Gesù rivolgendosi a lui, dice: «”Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero!“» Questo è lo straordinario episodio maggiormente noto del Nuovo Testamento che coinvolge Tommaso, contenuto in Giovanni 20,24-29 e noto come “l’incredulità di Tommaso“. Tommaso, che dubitava della risurrezione di Gesù, incontra il Signore risorto e noi oggi possiamo incontrarlo in un luogo molto vicino, a Ortona, nella basilica di San Tommaso Apostolo, la concattedrale dell’arcidiocesi di Lanciano-Ortona, dove si custodiscono le reliquie di Tommaso apostolo dal XIII secolo, che nel dicembre del 1859 papa Pio IX ha elevato alla dignità di basilica minore. Dal 6 settembre 1258, data dell’arrivo in Ortona delle Ossa dell’apostolo Tommaso, la storia del popolo ortonese si identifica con la vita che ruota intorno alla Tomba di San Tommaso. La notizia della presenza del corpo dell’Apostolo si diffonde rapidamente, i pellegrini affluiscono per rivolgersi a Lui, la Chiesa locale si fa promotrice di varie iniziative, i pontefici gratificano i fedeli con la concessione delle indulgenze.
La chiesa fu costruita nel IX secolo sul sito di un antico tempio romano, ma danneggiata dai Normanni nell’XI, quando era dedicata a Santa Maria Regina degli Angeli. Ricostruita completamente nel XII secolo, fu riaperta al pubblico il 10 novembre 1127 e dal 6 settembre 1258 custodisce le Ossa di san Tommaso apostolo, reliquie autentiche, riportate dall’isola di Chio da Leone Acciaiuoli. La cattedrale fu devastata da un terremoto del XV secolo, e ricostruita sotto forma barocca, tranne il portale del Trecento, danneggiata ancora nel 1799 dai francesi, lo fu gravemente ulteriormente nel 1943 durante la battaglia di Ortona (il purtroppo famoso Natale di sangue) e ricostruita in aspetto pseudo-neoclassico per quanto riguarda la facciata, rimontando il portale di Nicola Mancino e ricostruendo l’interno nella matrice barocca. Della chiesa sopravvive di storico soltanto la cappella del sacramento dell’Ultima Cena, con importanti fregi e bassorilievi barocchi e con un impianto semi-longitudinale a pianta a croce greca, con la facciata su Piazza San Tommaso, decorata dal portale rimontato in stile gotico, con lunetta ornata dal gruppo di San Tommaso tra santi. Un secondo portale si trova su vico dell’Orologio, dove si trovava la torre fortificata che fungeva anche da faro della città, distrutta nel 1943, ed è il meglio conservato dell’epoca medievale. Il cupolone che poggia su quattro pilastri all’interno della chiesa, è più slanciato rispetto all’originario. Il campanile è una torre in mattoni rossi, edificata abbattendo il vecchio campanile sopravvissuto al 1943 conserva il grande “campanone” del 1605. Al suo interno, oltre alla cripta delle reliquie posta sotto l’altare che custodisce le spoglie di San Tommaso, vi è il Museo Diocesano, dove sono raccolti molti pregevoli dipinti e sculture sacre, facenti parte della storia ortonese. Delle quattro cappelle, la seconda di maggior importanza è quella di San Tommaso, dove si trova il busto argentato, restaurata ampiamente, con mosaici e affreschi di Tommaso Cascella che ridipinse anche gli affreschi dell’interno della calotta cupolare e dei pennacchi angolari, con disegni allegorici. Nelle linee generali, l’edificio presenta uno schema longitudinale che sembra seguire il modello delle grandi basiliche pugliesi impostosi lungamente già nei primi decenni del Duecento.
Il 17 febbraio 1427 in questa chiesa è stata solennemente proclamata la pace tra le città di Lanciano e Ortona patrocinata da San Giovanni da Capestrano e nel 1566 subì l’assalto dei Turchi di Piyale Pascià e un incendio, che per fortuna non attaccò in modo irrimediabile il Corpo dell’Apostolo. Purtroppo nel 1799 la cattedrale subì nuovamente un’altra aggressione da parte dei Francesi, per cui fu ancora restaurata. Il 5 novembre del 1943, il vicario della diocesi, mons. Luigi Carbone, il parroco di S. Tommaso don Pietro Di Fulvio e don Tommaso Sanvitale si ritrovarono insieme per un’importante decisione: dove e come salvare il busto d’argento di S. Tommaso. I Tedeschi, infatti, avevano mandato segnali contrastanti, informandosi del peso e del valore venale del busto. Un comandante cattolico si era impegnato a risparmiare la cattedrale e la torre semaforica ed i tre sacerdoti, non sapendo a chi credere, dopo meditata riflessione, decisero di “murare” il busto dell’Apostolo al secondo piano del campanile, in un angolo scuro, ricoperto di legname umido abbandonato. Procedettero in assoluto segreto lo stesso giorno alle ore 14, aiutati da due muratori: Nicola Di Fulvio, fratello del Parroco, e Peppino Valentinetti.
Poi arrivò la furia devastatrice della guerra, che causò alla città di Ortona oltre 1300 vittime civili e la perdita di tutto il patrimonio edilizio, con la cattedrale che fu letteralmente sventrata, rimase in piedi a malapena la sacrestia, sia pure con il pavimento ricoperto di macerie. L’11 gennaio 1944, quando la linea del fronte si andava allontanando, mons. Tesauri, arcivescovo di Lanciano e vescovo di Ortona, fece demolire l’altare costruito sulla tomba di san Tommaso ed estrasse l’urna che rivide la luce dopo 150 anni. In corteo le Ossa dell’Apostolo furono trasferite nel rione Castello, a casa del parroco. L’avvocato Tommaso Grilli curò il recupero dei pezzi artistici andati in frantumi con la guerra, quelli relativi al portone principale di epoca sveva e al portale gotico di Nicola Mancino. Il 16 luglio 1945, su un palco allestito nella piazza della cattedrale, tra la commozione degli ortonesi rientrati dallo sfollamento, mons. Tesauri celebrò in ritardo la festa del Perdono ed il sacro busto, estratto dal muro dove era rimasto nascosto, venne nuovamente esposto alla venerazione dei fedeli. Le altre reliquie del santo furono ritrovate intatte sotto all’altare. La cattedrale ricostruita fu riaperta al culto e ridedicata il 5 settembre 1949, con una solenne cerimonia celebrata da mons. Gioacchino Di Leo, vescovo di Ortona e dal cardinale Federico Tedeschini.
All’interno della cattedrale vi sono straordinari reperti del XIII secolo. Gli affreschi della cupola sono del pittore Luciano Bartoli; la figura di San Matteo Evangelista è l’unica rimasta dopo la distruzione della basilica per opera dei tedeschi, che è stata eseguita da pittore Antonio Piermatteo. Le immagini della Via Crucis sono dell’artista ortonese Stefano Durante. Nella cripta il crocifisso pendente è stato eseguito dallo scultore Aldo D’Adamo. All’interno conserva interessanti bassorilievi e due altorilievi a stucco “Ultima Cena” e “Sinite Parvulos” della prima metà dell’Ottocento da Vincenzo Perez. Ai suoi lati sono visibili le due ceramiche “Gli ortonesi in Scio” e “L’arrivo a Ortona delle reliquie di San Tommaso” eseguite da Tommaso Cascella. In questa cappella è custodito il busto d’argento reliquario di San Tommaso Apostolo che contiene alcuni frammenti delle ossa del cranio: è il terzo in ordine di tempo, fuso dalla fonderia Pani di Napoli nell’aprile dell’Ottocento. Il primo fu rubato nel 1528 dalle milizie mercenarie, il secondo fu rubato dai Francesi nel 1799 e poi fuso. Sulle pareti della cappella si possono osservare due dipinti a olio del 1985 del pittore Franco Sciusco.
Il Museo diocesano vede raccolto il sui primo nucleo della collezione museale nel secondo dopoguerra al fine di conservare e tutelare le numerose e pregevoli opere artistiche che vanno dal XII al XIX secolo, provenienti dal Duomo e da altri edifici di culto del territorio, scampate alla distruzione dei bombardamenti patiti dalla città di Ortona durante la Seconda Guerra Mondiale. Le opere in esso conservate, esposte in tre vasti ambienti, occupati nei secoli passati da altrettante cappelle collegate alla chiesa maggiore, rappresentano il livello artistico e culturale raggiunto da Ortona nel corso della sua storia ma soprattutto sono una testimonianza concreta della volontà di salvaguardare il proprio patrimonio culturale a beneficio delle future generazioni, anche nelle sciagure più devastanti, come fu certamente la distruzione alla quale la Città fu sottoposta nel dicembre del 1943.
Ma parliamo un po’ del Santo. Secondo un’antica tradizione, SAN TOMMASO iniziò la sua opera di evangelizzare dalla Siria, passando poi in Mesopotamia, dove fondò la sua prima comunità in Edessa, l’attuale Sanliurfa turca, poi raggiunse Babilonia, dove fondò un’altra comunità presso cui visse sette anni. Quindi si spinse fino all’India sud-occidentale, che raggiunse via mare nell’anno 52, dove iniziò la predicazione nella città portuale di Muziris, dove viveva una fiorente colonia ebraica. Dopo aver convertito al cristianesimo gli ebrei e molti indiani, ciò aiutò Tommaso fondò numerose comunità cristiane in tutta la regione del Kerala. Dall’India si recò in Cina per poi tornare ancora in India sulla costa sud-orientale del Coromandel morendo a Mylapore e lì sepolto. Nel III secolo avvenne nel sud dell’India una delle prime violente persecuzioni anti-cristiane e i fedeli vollero salvare le ossa di San Tommaso trasportandole nella sua prima comunità, Edessa (circa nel 232), da cui, poi, vennero traslate nel 1146 circa in un luogo ritenuto ancora più sicuro: l’Isola di Chios. San Tommaso vi riposò fino a quando, nel 1258, arrivarono a Chios alcune galee armate che facevano parte della spedizione militare organizzata nell’Egeo da Manfredi, Principe di Taranto e futuro re delle Sicilie, desideroso di estendere il suo dominio in Oriente. Dopo il saccheggio dell’isola, il 10 agosto, il pio navarca Leone, comandante delle 3 galee di Ortona, aiutato da pochi compagni fidati, trafugò da Chios le ossa di S. Tommaso e la lapide marmorea che le copriva, spiegando immediatamente le vele per l’Italia. Ma chi era Tommaso? Tommaso Didimo (cioè gemello) (Galilea, I secolo a.C. – Mylapore, 3 luglio 72) era pescatore sul lago di Genezareth ed è stato uno dei dodici apostoli di Gesù. È noto principalmente per essere il protagonista di un episodio della vita di Gesù, attestato dal solo Vangelo secondo Giovanni (20,24-29), in cui prima dubitò della risurrezione di Gesù e poi lo riconobbe. Quando i discepoli riferirono a Tommaso che avevano visto il Signore, lui stenta a crederci e afferma che se non lo vedrà con i suoi stessi occhi e non lo toccherà con le sue mani non crederà (Gv. 20, 25), Otto giorni dopo la Pasqua, i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso che, partito da una condizione di incertezza e di dubbio, giunge alla più bella espressione di fede. Secondo la tradizione cristiana, si spinse a predicare il Vangelo fuori dei confini dell’Impero romano, in Persia e India, dove fondò la prima comunità cristiana. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta.
Negli Atti di Tommaso, testo gnostico del III secolo, si racconta che l’apostolo fu ucciso trafitto da una lancia, per ordine del re Misdaeus (Vasudeva I). Il martirio avvenne su una collina nei pressi dell’attuale Chennai, capitale del Tamil Nadu, il 3 luglio 72. San Tommaso fu sepolto a Mylapore, nell’India sud-orientale. Nel III secolo avvenne nel sud dell’India una persecuzione anti-cristiana. I fedeli salvarono le ossa di Tommaso trasportandole a Edessa (odierna Şanlıurfa, nella Turchia sud-orientale), il centro irradiatore del cristianesimo siriaco in Oriente, cui era legata la predicazione di San Tommaso. Successivamente furono traslate sull’Isola di Chio, nell’Egeo. Nel 1523 i portoghesi operarono un primo scavo nelle fondamenta della basilica denominata «casa di San Tommaso» (meta di pellegrinaggio dei cristiani dell’India) dove, secondo la tradizione, si trovava la tomba dell’apostolo. Sia nella Chiesa ortodossa siriaca del Malankara sia nella Chiesa cattolica, San Tommaso è festeggiato il 3 luglio: a Madras si trova la cattedrale di San Tommaso. Nel 1258 navarca ortonese, il pio Leone Acciaiuoli, insieme con i commilitoni, riportò sulla galea il corpo dell’Apostolo e la pietra tombale, dall’isola greca di Chios. Stando ai racconti degli storici abruzzesi Giovan Battista de Lectis e Giovanni Pansa, il capitano Leone partì con delle galere da Ortona per Chios, dove doveva svolgere degli incarichi per conto di re Manfredi di Svevia che aspirava non solo a conquistare l’Italia settentrionale, come in parte fece, ma anche a diventare imperatore d’Oriente. Nell’isola Leone fu avvicinato da un pellegrino che gli narrò la presenza di una grotta con il sepolcro del santo. Lo stesso Pansa ricorda che Leone, entrato nella grotta, fu abbagliato da una enorme luce, con una mano uscente da un foro, che gli indicò il luogo della sepoltura. Leone fu miracolato dalla cassa che riportò a Ortona con la nave perché come ricorda anche De Nino negli “Usi e costumi abruzzesi“, una luce molto forte guidò come un faro, sull’albero maestro, la nave di Leone, mentre la nave dei greci che lo inseguiva furibonda, fu come bloccata sul mare, e affondata da una tempesta. De Nino aggiunge il particolare dell’arrivo della cassa a Ortona, sulla salita del castello, sopra un carro di buoi, che si fermarono ginocchioni davanti alla cattedrale di Santa Maria degli Angeli, poi reintitolata al santo. Era il 6 settembre 1258. A Leone Acciaiuoli è dedicato l’istituto nautico di Ortona. Il pittore Tommaso Cascella nel restaurare la cappella dedicata al santo nella cattedrale di Ortona, realizzò un pannello a mosaico che ritrae il miracolo dell’apparizione a Leone Acciaiuoli, presso l’isola di Chios in Grecia. Il racconto che segue è fornito da Giambattista De Lectis, medico e scrittore ortonese del 1500: “Dopo il saccheggio, il navarca ortonese Leone si recò a pregare nella chiesa principale dell’isola di Chios e fu attratto da un oratorio adorno e risplendente di luci. Un anziano sacerdote, attraverso un interprete lo informò che in quell’oratorio si venerava il Corpo di san Tommaso apostolo. Leone, pervaso da un’insolita dolcezza, si raccolse in preghiera profonda. In quel momento una mano luminosa per ben due volte lo invitò ad avvicinarsi. Il navarca allungò la mano ed estrasse un osso dal foro più grande della pietra tombale, su cui erano incise delle lettere greche e raffigurato un vescovo nimbato a mezzo busto ed ebbe la conferma di quanto gli aveva detto l’anziano sacerdote di trovarsi effettivamente in presenza del corpo dell’Apostolo. Tornò sulla galea e progettò il furto per la notte successiva, insieme al compagno Ruggiero di Grogno. I due sollevarono la pesante lapide e osservarono le reliquie sottostanti. Le avvolsero in candidi panni, le riposero in una cassetta di legno (conservata ad Ortona fino al saccheggio del 1566) e le portarono a bordo della galea. Leone, poi, insieme con altri compagni, tornò nuovamente nella chiesa, prese la pietra tombale e la portò via. Appena l’ammiraglio Chinardo venne a conoscenza del prezioso carico trasferì tutti i marinai di fede musulmana su altre navi e ordinò di prendere la rotta verso Ortona. La galea che recava le Ossa dell’Apostolo navigò in modo più sicuro e veloce delle altre ed approdò al porto di Ortona il 6 settembre 1258.” Secondo il racconto di De Lectis, fu informato l’abate Iacopo responsabile della Chiesa ortonese, il quale predispose tutti gli accorgimenti per un’accoglienza sentita e condivisa da parte di tutto il popolo. Il 6 settembre 1258 Leone e le sue 3 galee entrarono nel porto di Ortona e la popolazione portò in processione ossa e lapide fino alla Chiesa Madre di S. Maria degli Angeli, trasformata nei secoli in Cattedrale e Basilica e cambiando anche il nome, dove San Tommaso ancora riposa, ormai da più di 750 anni. Da allora il corpo dell’apostolo e la pietra tombale sono custoditi nella cripta della Basilica. Nel 1259 una pergamena redatta a Bari dal giudice ai contratti Giovanni Pavone, alla presenza di cinque testimoni, conservata a Ortona presso la Biblioteca diocesana, conferma la veridicità di quell’avvenimento.
Nel 1475, alcuni gentiluomini ortonesi, con la speranza di arricchirsi, concordarono di asportare le Ossa di san Tommaso per offrirle al Signore di Venezia. L’unica chiave, che apriva la serratura della cassetta contenente i resti mortali dell’Apostolo, era custodita da don Mascio, che divenne loro complice. Il tentativo, perpetrato di notte, non riuscì perché i rei ebbero l’impressione di sentire la voce dell’Apostolo che ammoniva: “lassa stare”. Impauriti fuggirono, ma la notizia si diffuse rapidamente in città. Seguirono inchieste e arresti e contemporaneamente furono costruite le inferriate con catene e aumentate le chiavi fino a cinque. Da quel momento in poi, la custodia delle sacre Ossa divenne un incarico prestigioso e di forte responsabilità, affidato contemporaneamente a due consiglieri, eletti dal Consiglio cittadino, e ai canonici scelti dal Vescovo della Diocesi. Oggi le reliquie sono riposte sotto l’altare della cripta in un’urna di rame dorato con effigie realizzata nel 1612 dal pittore ortonese Tommaso Alessandrini.
Negli Atti di Tommaso, il martirio dell’Apostolo viene narrato in questi termini: “[…] Quand’ebbe terminata la suddetta preghiera, disse ai soldati: Su, eseguite gli ordini di chi vi ha inviato. Quelli vennero e lo trapassarono tutt’insieme con le lance. Cadde e morì”. Gli Acta Tomae, scritti originariamente in siriaco ad Edessa probabilmente alla scuola di Bardesane, gnostico del terzo secolo, sono giunti fino a noi con diverse interpolazioni e rifacimenti latini, quali il De Miraculis B. Thomae apostoli di san Gregorio di Tours e la Passio sancti Thomae. Gli Atti di Tommaso, pubblicati dalla collana biblica della casa editrice Marietti nel 1965, sono divisi in tredici capitoli e si chiudono con l’ultimo che parla del martirio di san Tommaso. Diamo una rapida sintesi dell’ultimo capitolo. Nell’ottavo e ultimo capitolo, Tommaso, trasportato su un alto monte, finisce ucciso a colpi di lancia dai bramini e il suo corpo trasportato ad Edessa. Gli antichi martirologi siriaci hanno identificato la data del martirio nel 3 luglio del 68, mentre i cristiani del Coromandel ritengono l’anno 72 la data del martirio.
Attualmente sono cinque le prove della presenza dell’Apostolo in Ortona: 1. la pietra tombale, riconducibile all’arte siro-mesopotamica, è databile al terzo – quinto secolo sia sotto il profilo paleografico sia dal punto di vista iconografico. In essa è raffigurata una immagine a mezzo busto di uomo nimbato e benedicente con ai lati una scritta in caratteri greci onciali (o osios thomas, cioè San Tommaso, termine osios che era usato con il significato di santo solo nei primissimi secoli del Cristianesimo). Nella parte inferiore della lapide, poi, si aprono due fori di diversa dimensione come quelli presenti nelle tombe dei martiri, sempre dei primi secoli, e di San Paolo, per le reliquie da contatto e per le libagioni. La pietra tombale, portata a Ortona da Chios insieme alle reliquie dell’Apostolo, attualmente è conservata nella cripta della Basilica di San Tommaso, dietro l’altare. L’urna contenente le ossa, invece è posta sotto l’altare. La lapide ha le dimensioni di cm. 137 x cm. 48 e lo spessore di cm.52 circa. Essa è il coperchio di un finto sarcofago, forma di sepoltura abbastanza diffusa nel mondo paleocristiano, quale parte superiore di una tomba di materiale meno pregiato. La lapide presenta un’iscrizione ed un bassorilievo che rinviano, sotto molti punti di vista, all’area siro-mesopotamica. Essa è databile dal punto di vista paleografico e lessicale al III-V secolo, epoca in cui il termine osios viene ancora usato quale sinonimo di aghios, nel senso che santo è colui che è nella grazia di Dio ed è inserito nella Chiesa, i due vocaboli, di conseguenza, indicano i Cristiani. Nel caso particolare della lapide di san Tommaso, poi, la parola osios può essere agevolmente la traduzione del termine siriaco mar (signore), attribuito nel mondo antico, ma anche ai giorni nostri, sia ad un santo sia ad un vescovo. Con tale termine, pertanto, si voleva indicare l’apostolo come primo vescovo della chiesa locale.
Guardando con più attenzione l’iscrizione, è possibile notare che sopra le due parole sono tracciati dei segni che rinviano alle indicazioni paleografiche per la presenza di abbreviature per contrazione: in tal caso le parole potrebbero significare il reale san Tommaso. Al centro della lapide è stato inciso un bassorilievo con l’immagine di un religioso, nimbato, in atto di impartire, con la mano destra, la benedizione (secondo il rito della Chiesa Orientale ed indicante le prime due lettere, in greco, della parola Cristo). Nella sinistra tiene un oggetto solitamente inteso come una croce, ma il patibulum è troppo corto. Potrebbe essere anche una spada, con chiaro riferimento al martirio del Santo. Infatti gli Atti di Tommaso parlano di morte per un colpo di lancia o di spada. L’ultima ricognizione delle ossa del Santo, effettuata nel 1984, ha dimostrato che l’individuo aveva ricevuto un fendente in pieno volto poco prima o immediatamente dopo il decesso. Se invece si vuole attribuire un significato ampiamente teologico, allora possiamo indicare “la spada dello Spirito”, che nell’ottica cristiana, diventa con la croce speculare strumento per il trionfo della forza della Parola. Iconograficamente il bassorilievo non discorda dalle caratteristiche artistiche dell’area siro-mesopotamica dei primi secoli dell’era cristiana. Significative, in particolare, sono le somiglianze con l’immagine di Aronne ritrovata nella sinagoga di Doura Europos datata al 250, e di alcune lapidi tombali, databili al I-II secolo, provenienti dall’area cimiteriale di Edessa. Nella parte bassa della lapide, inoltre, sono presenti due fori di differenti dimensioni, come quelli che si ritrovano in varie sepolture dei primi secoli del Cristianesimo, e in quella di San Paolo, al fine di introdurre balsami o fare libagioni sulla tomba del defunto. Quando si trattava della tomba di un martire, quello più ampio serviva anche per fornire reliquie da contatto.
2. la pergamena del 1259, conservata presso la biblioteca diocesana di Ortona, venne redatta a Bari dal giudice ai contratti G. Pavone, alla presenza di cinque testimoni. Un’altra pergamena dello stesso notaio, datata 1261 e riportata in un Codice barese, dimostra l’autenticità del documento, oltre la scrittura minuscola cancelleresca, le abbreviazioni ed altri elementi caratteristici del tempo storico di riferimento.
3. La reliquia di San Tommaso apostolo conservata a Bari è un osso radio sinistro, mancante nel corpo di Ortona, complementare e compatibile con lo stesso corpo. Il Cronicon barese chiarisce che un vescovo francese, cugino di Baldovino di Le Bourg signore di Edessa, nel 1102, di ritorno dalla Terra Santa e da Edessa, lasciò a Bari, presso la basilica di San Nicola, la reliquia di san Tommaso apostolo.
4. La ricognizione scientifica del 1984. Numerose sono state le ricognizioni scientifiche delle Ossa di san Tommaso, a partire dalla prima del 1575, ma la più significativa sotto l’aspetto scientifico fu l’ultima, eseguita con tutte le operazioni prescritte, durata dal 12 settembre 1983 al 25 aprile del 1986. La ricognizione ebbe inizio con l’estrazione del cranio dell’Apostolo dal busto d’argento custodito nell’urna posta al centro dell’altare della cappella dedicata a San Tommaso, proseguì con l’apertura del sarcofago e della cassetta contenente le reliquie di San Tommaso apostolo, e successivamente con l’esame macroscopico del cranio e dei reperti contenuti nell’urna metallica. La commissione era costituita dal prof. dott. Arnaldo Capelli, preside della facoltà di medicina dell’Università di Chieti, prof. dott. Sergio Sensi direttore dell’Istituto di clinica medica dell’Università di Chieti, prof. dott. Luigi Capasso docente di paleopatologia dell’Università di Chieti, prof. dott. Fulvio Della Loggia aiuto clinica medica Università di Chieti. La perizia antropologica sui resti dello scheletro doveva stabilire: -i segmenti scheletrici sicuramente riferibili al cranio di san Tommaso, – attribuzione del sesso, dell’età alla morte e dell’epoca relativa, – rilevare eventuali condizioni patologiche, – riordinare il materiale scheletrico ai fini di una migliore conservazione. Come approfondimento degli studi furono anche effettuate indagini istologiche ed istochimiche. Le reliquie ricomposte furono esposte alla pubblica venerazione e poi si procedette alle operazioni per l’intervento conservativo. I lavori si conclusero con la sistemazione delle reliquie, la chiusura del cilindro e la sua sistemazione, dopo interventi tecnici altamente specializzati sotto l’altare della cripta, dove tuttora il corpo dell’Apostolo è conservato. Tutte le relazioni dei consulenti sono pubblicate sugli Atti. Questa la sintesi conclusiva: “Questo individuo appartenne ad un soggetto longitipo, con ossatura gracile, di aspetto minuto, con statura di 160+ – 10 centimetri, di età scheletrica alla morte compresa tra i 50 e i 70 anni, affetto da una forma particolare di spondiloartrite archilopoietica con localizzazioni anche alle piccole articolazioni delle mani, portatore di un piccolo osteoma del cranio in regione frontale e di ossa soprannumerarie lungo una delle suture della volta cranica. Detto individuo mostra le tracce di una frattura dell’osso zigomatico destro provocata da un affilato fendente poco prima o poco dopo il decesso.”
5. Le rivelazioni di Brigida Birgersdotter che nacque in Svezia, nel 1303, da famiglia aristocratica in un tempo in cui i cittadini scandinavi erano tutti cattolici. A diciotto anni Brigida fu costretta dal padre a sposare il giovane Ulf Gudmarsson ed alla coppia nacquero otto figli, quattro maschi e quattro femmine. Una di esse sarà Santa Caterina di Svezia. Nel biennio 1341-1343 Brigida effettuò un pellegrinaggio in Spagna a San Giacomo di Compostela.
Dopo la morte del coniuge, Brigida diede una svolta alla sua vita, indossò l’abito cinerino del Crocifisso, simbolo di povertà e di penitenza, ed entrò in un monastero cistercense. Trascorreva il tempo nella meditazione e nella contemplazione, spesso cadeva in estasi e riceveva molte rivelazioni che poi dettava al suo confessore. Proprio in quel periodo concepì l’idea di fondare un ordine religioso. La santa le riceveva in uno stato di veglia e di estasi, a volte aveva visioni, altre volte ascoltava voci senza capire chi parlasse. Le parole in latino, ascoltate nell’estasi, rimanevano impresse nella memoria della santa, finché i suoi segretari non le avessero trascritte. Poi Brigida ricontrollava scrupolosamente lo scritto per assicurarsi che la versione fosse corretta. Le sue erano rivelazioni private, vagliate prudentemente da molti padri del Concilio di Costanza e di Basilea, che furono ritenute veritiere dai papi Gregorio XI, Urbano VI e Bonifacio IX, il papa che concesse la prima indulgenza a chiunque avesse pregato sulla tomba di San Tommaso in Ortona. Secondo la tradizione locale, Brigida visitò due volte la tomba dell’Apostolo in Ortona. Un’antica chiesa di Arielli a lei dedicata, in memoria del suo passaggio, e il cippo posto davanti alla chiesa di San Rocco, a Porta Caldari di Ortona, testimoniano ancora oggi il pellegrinaggio della santa nella nostra città. Nel 1365 Brigida si recò ad Assisi per visitare la tomba di San Francesco, dove si trattenne per qualche tempo, poi si diresse verso il sud per andare a pregare sulle tombe degli apostoli: San Tommaso ad Ortona, san Matteo a Salerno e sant’Andrea ad Amalfi. Come riporta il processo di beatificazione, citato da Antonio Politi parroco della cattedrale di San Tommaso dal 1964 al 2000, Santa Brigida giunse in Ortona ad estate inoltrata, in un periodo tra il 1365 e il 1370. Subito dopo la santa si recò sulla tomba dell’Apostolo, dove ebbe la seguente rivelazione: “Allora udì una voce che diceva Io sono il Creatore di tutte le cose e il Redentore….si deve dire e predicare in maniera molto sicura che come i corpi degli apostoli Pietro e Paolo sono a Roma,, così le reliquie di san Tommaso mio apostolo sono in Ortona. Poi le apparve Tommaso e le disse: ti darò il tesoro desiderato ormai a lungo da te. Nello stesso momento, senza che nessuno toccasse la cassa contenente le ossa dell’apostolo, apparve un frammento del dito di Tommaso, che Brigida conservò gelosamente e che oggi si conserva nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.” Brigida morì il 23 luglio del 1373 e fu canonizzata il 7 ottobre 1391. Nel processo di beatificazione, il 31 agosto 1379, la figlia raccontò tutto quello che era successo in Ortona, dal momento che era presente anche lei. Riferì che era stata due volte in Ortona per visitare la tomba dell’apostolo Tommaso. Il sarcofago era ben chiuso, ma nonostante questo, ella vide con i propri occhi che un pezzo di osso del dito dell’Apostolo uscì dalla cassa sigillata e si pose nelle mani di Brigida. Poi raccontò che la madre aveva tanto desiderato possedere una reliquia dell’apostolo e nel primo viaggio aveva fervidamente pregato per ottenere questo miracolo. San Tommaso le era apparso e le aveva detto: “Torna qui e io soddisferò il tuo desiderio“. La figlia concluse il racconto dicendo che tutta Ortona parlava dell’avvenimento straordinario. Le rivelazioni di santa Brigida di Svezia, riferite dallo scrittore ortonese del Mille e Cinquecento De Lectis, sono state tradotte nel 2005 da Antonio Falcone.
Una informazione importante è quella relativa al fatto che il Tesoro della basilica di San Nicola di Bari dove sono custoditi moltissimi reliquiari, tra essi vi è quello contenente una Reliquia Ossea attribuita all’Apostolo Tommaso. Il reliquiario viene fatto risalire al 1602-1618 ha la forma di un braccio destro che impugna una lancia, nella iconografia antica simbolo del martirio subito dall’Apostolo, e poggia su una base contenente una reliquia della Maddalena. E’ possibile perciò che l’osso radio di Bari e le Reliquie di Ortona siano appartenute, in vita, allo stesso soggetto. La mancanza nelle Reliquie custodite in Ortona dell’osso radio sinistro rende la Reliquia portata a Bari nel 1102 compatibile e complementare con quelle portate in Ortona da Chios nel 1258. Un’ultima nota relativa ai pellegrinaggi collegati alla figura di San Tommaso che conducono al borgo marinaro di Ortona. Nel XVI secolo il missionario gesuita Francesco Saverio fece tappa nella città di san Tommaso, come attesta la sua biografia pubblicata da padre Giuseppe Massei nel 1851. In città esisteva una chiesa omonima dov’era custodito il «corpo dell’Apostolo», meta di pellegrinaggio sia per gli abitanti del luogo che per i coloni portoghesi. Il Cammino di San Tommaso è un antico pellegrinaggio iniziato nel XIII secolo e riscoperto nel XX secolo. Dopo la traslazione delle reliquie di San Tommaso ad Ortona, vari pellegrinaggi furono organizzati dalla Città Santa di Roma fino al borgo marinaro della costa teatina. Il pellegrinaggio moderno prevede anche viaggi a Santiago di Compostela e Gerusalemme, nonché al santuario di Santa Brigida, avendo la donna visitato in vita per ben due volte la tomba di Tommaso Apostolo ad Ortona e si articola anche nelle seguenti tappe: Roma-Albano Laziale-Lariano-Genazzano-Subiaco-Cappadocia-Tagliacozzo-Massa d’Albe-Rocca di Mezzo-Fontecchio-Capestrano-Torre de’ Passeri-Pretoro-Orsogna-Crecchio-Ortona. Nel 1933 le ferrovie dello Stato dovettero approntare treni speciali diretti a Ortona per far fronte alla massa dei pellegrini.
Fonti:
foto by Abruzzomania
http://www.tommasoapostolo.it/ | |
https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Tommaso_Apostolo
https://it.wikipedia.org/wiki/Leone_Acciaiuoli Tommaso (apostolo) – Wikipedia |