Eccellenza d’Abruzzo n. 44 – Città Sant’Angelo (PE): antico Borgo dell’Angelo

Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo.  Oggi Abruzzomania, con la rubrica Eccellenze d’Abruzzo, presenta la sua 44° Eccellenza, una delle più ammirevoli della regione, quella del comune di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara, il Borgo dell’Angelo. Ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione, per cui ne mancano all’appello 261, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.

Posta sul suo belvedere naturale di dolci colline Città Sant’Angelo è un lascito dei Longobardi da cui viene il culto dell’angelo. Le sue origini sono incerte ed hanno costituito sempre motivo di discussione storica: probabilmente i primi a creare un insediamento sul colle furono i Vestini, ma il primo atto ufficiale reperito, dove si parla del comune, menziona di una concessione da parte dell’imperatore Ludovico II che accorda un privilegio al Monastero di Casauria sul luogo chiamato “CIVITATE S. ANGELI” dove si trovavano un castello ed un porto ed è datato 13 ottobre 875. I numerosi ritrovamenti archeologici, decisamente più antichi, tra la foce del Piomba e quella del Saline, e la presenza di piccoli aggregati urbani in corrispondenza della località oggi denominata Marina di Città Sant’Angelo fanno risalire le origini della città al periodo romano, quando Angulum (gli abitanti conservano ancora il nome di “angolani”) viene nominata da Plinio il Vecchio nella sua descrizione delle terre vestine nel libro Naturalis Historia (libro II 12.106), ma non è da escludere l’ipotesi di qualche storico che la Angulum citata fosse invece la vicina Spoltore.

È da ipotizzare che la prima isola abitativa, edificata tra il secolo VIII ed il IX nella parte più alta del colle (l’attuale rione Casale) sia stata consolidata ad opera di una colonia longobarda, che realizzò una efficace fortificazione del luogo, munendolo di una cinta muraria ed emancipandolo così, da semplice borgo (Casale) che doveva essere, a Castrum (configurazione urbanistica perimetrata da mura difensive), come risulta da successivi rimandi documentali. Ad avvalorare una simile supposizione intervengono l’esame delle superstiti cortine murarie che ancora cingono una parte del vecchio convento di Sant’Agostino, la devozione all’Arcangelo Michele, protettore ab antiquo della nostra città, culto introdotto e diffuso nell’Italia meridionale proprio dai Longobardi, infine la persistenza del toponimo Grottone che ancor oggi denomina la via d’accesso al Casale ed induce la congettura sulla probabile esistenza in loco di una grotta ed è noto come i Longobardi, pur convertiti al cristianesimo, per un residuo dei loro rituali pagani, connettessero la devozione per l’Arcangelo Guerriero alle grotte naturali ed alle acque sorgive. Si può quindi affermare che il culto dell’angelo, che sarebbe stato portato dai Longobardi, ha dato nome al luogo.

Possiamo affermare che l’origine dell’odierna Città Sant’Angelo si fa risalire al periodo compreso tra il 1240 e il 1300, come appare dall’impianto medievale del tessuto urbano, e come si evidenzia dalle fonti che riferiscono della distruzione di Civita Sancti Angeli nel 1239 per mano di Boemondo Pissono, il “giustiziere d’Abruzzo”. Punita dall’imperatore Federico II di Svevia per essersi alleata con la nemica chiesa, ottiene dallo stesso, l’anno dopo, di essere ricostruita, cosa che avviene nel nucleo fortificato a semicerchio, delimitato dalle attuali strade Castello e Minerva e dalle vie del Ghetto e del Grottone. L’attuale impianto “a fuso” di Città Sant’Angelo deriva dalla successiva espansione che si ottiene nel 1600 e 1700, con la costruzione dei palazzi gentilizi della borghesia agraria e con l’aggregazione dei nuclei abitativi preesistenti. Si determina così l’attuale centro storico, attraversato da un lungo corso, a sua volta intersecato, a destra e a sinistra, da una serie di stradine e vicoli racchiusi entro la cinta muraria e le porte parzialmente conservate. La struttura urbanistica con pianta a spina di pesce è chiaramente medievale, come appare dalla serie di stradine (chiamate “ruve”, rue) intersecanti il lungo corso che taglia in due il centro storico.

Città Sant’Angelo, dove si conserva una magia altrove perduta e dove il culto dell’angelo potrebbe avere qualcosa del poeta e scrittore Rilke per il quale l’angelo non ha nulla a che vedere con la figura tradizionale cristiana del medesimo, ma ne trae solamente gli attributi come Bellezza e Grandezza, che intende come superiorità e positività. Risonanze angeliche intravediamo nel colore dorato dei mattoni in controcanto alla pietra bianca, nella calda tonalità bruna che le facciate di chiese e palazzi assumono al tramonto, negli ombrosi vicoletti dove si spinge l’aria di mare. La prima emergenza architettonica che si incontra all’ingresso del nucleo antico, sullo sfondo dei giardini comunali, è la chiesa di Sant’Antonio, a navata unica con pareti ornate da stucchi barocchi. Uscendo nella villa Comunale, si nota una cisterna del 1886, che regge gran parte del giardino e si arriva alla chiesa di San Michele Arcangelo, uno dei più importanti monumenti dell’architettura abruzzese, edificata su un precedente edificio del IX secolo nel 1200 nella zona iniziale del centro storico, elevata al rango di Collegiata dal 1353, il monumento simbolo di Città Sant’Angelo è costituita da due navate e completata da un pregevole porticato, diviso in due atri coperti tra i quali si innesta l’ampia gradinata di accesso che conduce all’artistico portale, realizzato nel 1326 dallo scultore di Atri Raimondo di Poggio.

L’interno è di stile barocco, con soffitto a cassettoni lignei del 1911 e affreschi trecenteschi di ottima fattura, attribuiti al Maestro di Offida. Vi sono ammirabili pregevoli tesori come l’imponente statua in legno policromo di San Michele del XIV secolo, la statua in terracotta policroma della Madonna delle Grazie del XIV secolo del Maestro di Fossa, il sarcofago quattrocentesco del Vescovo Amico Buonamicizia del 1457 e un prezioso coro ligneo intagliato con leggio dell’ebanista angolano Giuseppe Monti nel XVII secolo. Tra le varie tele presenti da citare la restaurata “Madonna della Purità e Santi” (2,10 x 3,10 mt) del 1611 del pittore ortonese Tommaso Alessandrino (1570 c.a. – Ortona 1640). Simbolo del primato della chiesa sul civile si innalza per 47 metri la grande torre campanaria, datata 1425 e costruita ad opera di maestranze napoletane.

Meritano poi attenzione i palazzi Di Giampietro, con cortile medievale ad ordini sovrapposti, Colamico, Sozj, Ursini, con elegante facciata, e Coppa Zuccari, la chiesa di San Francesco, inserita in un più vasto complesso architettonico, il cui adiacente convento di San Francesco dei padri Basiliani dal 1327 fu invece fondato nella seconda metà del XIII secolo, in seguito alla ricostruzione della città avvenuta nel 1240 e dopo la sua soppressione, nel 1809 divenne sede comunale dal 1809 e racchiude il prezioso chiostro restaurato con il meraviglioso portale trecentesco, opera di Raimondo di Poggio. La torre campanaria, a pianta quadrata, del Quattrocento; il pavimento a mosaico del 1845; la tela raffigurante la Madonna del Rosario e San Domenico, opera di Paolo De Cecco. Il rifacimento barocco dell’interno è del 1741, ma l’impianto primitivo della chiesa è del XIII secolo. I cospicui resti di affreschi rinascimentali sono stati scoperti da poco dietro una muratura. Si scende quindi per uno dei suggestivi vicoletti alla chiesa di Santa Chiara del XVIII secolo in stile barocco, annessa all’antico convento oggi adibito a centro culturale, unico esempio in Abruzzo e tra le poche in Italia a pianta trilobata (triangolare) con magnificenti stucchi e dorature, e con un pregevole pavimento a mosaico, con il parlatorio-cappella del convento delle Clarisse e la ruota degli esposti, il Museolaboratorio d’arte contemporanea, il “Luogo della Memoria“ che durante il fascismo fu campo d’internamento e il Giardino delle Clarisse, spazio adibito per spettacoli teatrali e musicali all’aperto. Sul colle di Santa Chiara, fuori le mura e dalla terra ed escluso dalla protezione della cerchia muraria della Civitas, era sorto verso la fine del XIII secolo un precedente monastero ricovero di Clarisse e già nel 1314 la piccola comunità di religiose si segnalava per la sua consolidata presenza.Apprezziamo ancora il palazzo Baronale, la dimora gentilizia più antica della città, e i palazzi Crognale, Colella, Maury e Castagna.

La chiesa di Sant’Agostino, con retrostante convento, opera di Alessandro Terzani da Como con una facciata di notevole effetto e la chiesa di San Salvatore, oggi Museo Civico con facciata classicheggiante, il palazzo Coppa, antico convento della chiesa di San Bernardo, costruita su una struttura del XIV secolo di cui restano alcune arcate e la cripta affrescata, palazzo Basile, attraverso Porta Sant’Egidio, edificata insieme a Porta Sant’Antonio (oggi Porta Nuova) tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo, mentre gli altri due ingressi, Porta Casale e Porta Licinia, risalgono forse al XIV secolo.

Sotto il Piano degli Zoccolanti, quello che oggi è il Giardino Comunale  si trova la grossa cisterna pubblica (detta cisternone) adibita a raccolta d’acqua piovana per fornire le fontane del paese, che ha richiesto otto anni di lavoro per costruirla. All’epoca l’acqua non arrivava in tutte le case ed il Cisternone consentiva l’alimentazione di tutte le fontane pubbliche del paese. Grazie a dati raccolti da osservatori meteorologici muniti di pluviometro si studiò la portata che era di 700 millimetri/mq di superficie e utilizzando le coperture prive di canali dei fabbricati Teatro, Chiesa dì San Francesco, Comune, Chiesa di Sant’Angelo, Asilo Scuola, Convento, si ottenne una superficie di 5.000 mq, che moltiplicati per i 700 mm/mq, produceva 3.500.000 litri di acqua che defluiva con buona pendenza tramite una condotta in terracotta.

Nel più antico nucleo abitativo di Città Sant’Angelo, il Casale, troviamo una via denominata Strada del Ghetto. Diverse le ipotesi sul toponimo di questa via tra cui un’alterazione di Borghetto per via della sua modesta estensione, ma recenti studi evidenziano documenti che attestano la presenza di una comunità ebraica a Città Sant’Angelo e in Abruzzo. Ghetto che probabilmente si costituì a causa dell’editto del 1427 della Regina Giovanna II che ordinò la segregazione degli ebrei in un’unica strada.  Città Sant’Angelo, come molti altri Comuni abruzzesi, ospitò, in quel lasso di tempo che va dal Basso Medioevo a tutto il Rinascimento, una folta comunità ebraica. Da testimonianze storiche e documenti d’archivio, sappiamo che i figli d’Israele erano presenti ad Aterno, nei pressi di Pescara, fin dal lontano 1062, tant’è che l’antica Chiesa di Santa Gerusalemme, i cui resti si trovano nelle vicinanze dell’attuale Cattedrale di San Cetteo, fu originariamente una Sinagoga. Un altro nucleo molto più importante risiedeva a Lanciano già dal 1156, così come vi erano comunità giudaiche nelle città dell’Aquila, Sulmona, a Pianella. Queste presenze erano giustificate dalle opportunità lavorative che l’Abruzzo dell’epoca offriva ai “giudei”. A norma di legge essi non potevano in alcun modo esercitare nessuna professione al di fuori di quella di tessitore, conciatore e medico e non potevano, in ossequio alla vecchia norma di Tedosio II (438 d.C.) accedere a qualsiasi carica pubblica, ivi compresa quella di fare il soldato o diventare proprietari di immobili, pertanto, non restavano loro che poche attività, tra queste vi era quella di prestare il denaro ad interesse: l’usura, pratica, quest’ultima, tassativamente proibita ai cristiani. A tal riguardo è da considerare che, durante tutto il periodo storico della transumanza, Città Sant’Angelo, per la propria posizione geografica, è stata sempre luogo di grandi scambi commerciali e di conseguenza anche terra di grandi possibilità economiche che la fecero divenire “terra” fertile per cambiavalute e chiunque altro potesse offrire servizi finanziari.

Le porte d’accesso al borgo che prevedevano ingressi alla cinta muraria di Città Sant’Angelo sono numerosi ma solo alcuni sono relativi alle mura risalenti alla ricostruzione del XIV secolo. Le porte, tutte in laterizio e attualmente visibili, sono 4: Porta Casale e Porta Licinia (o Borea) risalenti alla cinta muraria più antica, del XIV secolo e Porta Sant’Egidio e Porta Sant’Antonio (o Nuova) costruite tra il 1700 e il 1800. Fino al XIX secolo nei pressi dellIstituto Magistrale era presente una quinta porta, architettonicamente più imponente delle altre, quella di San Michele che era l’accesso principale al borgo. Le porte storicamente sono servite anche per difendere il paese dagli attacchi dei briganti che all’epoca imperversavano nei paesi e nella zona. Si aprivano all’alba e si chiudevano all’imbrunire. Con le epidemie di colera che colpirono Città Sant’Angelo, soprattutto quella del 1861, si dispose la costruzione di tre nuove porte, in legno di rovere, con le quali chiudere i punti d’accesso al paese, rimasti sguarniti “…da moltissimi anni addietro…”, Porta Sant’Egidio, Porta Borea e Porta Sant’Antonio. La Torre dell’Orologio, situata nell’ex palazzo Pachetti nel cuore del borgo di Città Sant’Angelo, anticamente torre d’avvistamento e sede del deposito delle armi della “Civitas” che solo intorno al 1750 fu trasformata in orologio.

Il 10 giugno 1940 il Governo Italiano istituì in diverse regioni 43 campi di concentramento per confinati o internati, di cui quindici in Abruzzo e per la provincia di Pescara fu scelto il Comune di Città Sant’Angelo che accolse dal febbraio 1941 centocinquanta persone. Vi erano rinchiusi comunisti e socialisti, liguri e triestini, un anarchico toscano, numerosi ebrei originari di Fiume, molti nazionalisti croati, sloveni e monarchici serbi della Dalmazia. Da dire che si creò una perfetta osmosi tra l’ambiente paesano e gli internati all’insegna del rispetto reciproco tanto che Città Sant’Angelo nel codice degli agenti segreti alleati durante la seconda guerra mondiale era definita “il paese della gente buona”. E fu l’antico edificio dell’ex convento delle Clarisse, nel periodo 1941/1944, fu utilizzato dal fascismo come campo d’internamento per oppositori politici e per perseguitati a causa della propria nazionalità o fede religiosa, ma la popolazione angolana si distinse esponendosi alle ritorsioni delle truppe nazifasciste accogliendo sfollati, ex internati e fuggiaschi, nelle proprie case e dando loro aiuto.

Gli internati nelle ore di libera circolazione in paese, frequentavano regolarmente soprattutto le famiglie colte di Città Sant’Angelo e numerose sono le testimonianze dirette di tanta natura ospitale e generosa, con l’ambiente umano e culturale di Città Sant’Angelo in quel periodo che viene descritto “privo di alcuna coscienza politica, ma ricco di un grande senso di solidarietà”.  Scriveva John Sommer, ebreo rifugiato in quegli anni: “Città Sant’Angelo accolse sfollati, stranieri, ex internati (tedeschi, inglesi, jugoslavi,polacchi ed altri) senza denunziarli, incarcerarli. Questo è ammirevole perché altri paesi europei e regioni italiane non avevano uguale grado di civiltà e di tolleranza negli anni di guerra”, per la qual cosa  e per le vittime del bombardamento del 22 maggio 1944, le fu conferita nel 2012 dal Presidente della Repubblica Napolitano la Medaglia d’argento al Merito Civile al Gonfalone del Comune di Città Sant’Angelo.

La strada del Castello allude all’esistenza nella zona di un edificio fortificato che oltre mille anni fa era sede dell’antico castello e dal 1314 trasformatosi in convento degli Eremitani di Sant’Agostino. Alle estremità della collina troviamo: l’Abbazia di San Pietro (anteriore al mille) e il Castello.  Infine, dai libri di scuola si apprende che i primi moti carbonari si ebbero a Napoli nel 1820 seguiti da quelli piemontesi del 1821. I Moti Carbonari del 1814 e i Martiri Angolani, ma pochi sanno (tranne gli angolani) che la prima ribellione alla tirannide straniera partì proprio da Città Sant’Angelo nel 1814 contro il regime di Gioacchino Murat, re di Napoli ed anche sovrano dei nostri concittadini di allora che facevano parte del suo reame. La reazione di Gioacchino Murat non si fece attendere ed il giorno di Pasqua, 10 aprile 1814, fece marciare verso Città Sant’Angelo un esercito di 5.000 uomini, provenienti dalle guarnigioni delle città vicine, con tanto di cavalleria e numerosi cannoni e purtroppo le conseguenze per gli insorti furono gravose.

Foto by Abruzzomania

Fonti:
Dai moti carbonari del 1814 all’Unità d’Italia – Il Risorgimento a Città Sant’Angelo.
A cura di Giancarlo Pelagatti – Soc. Cooperativa “Archivi e Cultura”
Quaderni dell’Amministrazione Comunale di Città Sant’Angelo

“Città Sant’Angelo, ipotesi di un racconto per immagini” di Massimo D’Arpizio e Graziano Gabriele – 1991

https://it.wikipedia.org/wiki/Collegiata_di_San_Michele_Arcangelo_(Citt%C3%A0_Sant%27Angelo)

 

 

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