Eccellenza d’Abruzzo n. 39 – Atri (TE): Duomo di Atri – PRIMA PARTE

Continua il viaggio straordinario alla scoperta delle 305 Eccellenze dei 305 Comuni d’Abruzzo.  Oggi Eccellenze d’Abruzzo presenta la sua 39° Eccellenza, quella del comune di Atri, in provincia di Teramo, il meraviglioso duomo di Atri, basilica concattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo e ricordo che di queste ultime ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 266 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo per mettere in mostra la sua eccellenza speciale ed avere il suo meritato riconoscimento.

Per la prima volta nella storia del nostro blog, a causa della immensa quantità e qualità di fatti da raccontare su questa magnificenza, ci vediamo costretti a spezzare l’articolo in 3 sezioni. Pur ben sapendo che non si devono scrivere articoli così lunghi su un blog, ci dispiace affermare che con questa eccellenza abruzzese così straordinaria, quest’obiettivo è stato praticamente non perseguibile!!!!!! Le 3 sezioni saranno suddivise nel seguente modo: la prima descriverà le caratteristiche generali del Duomo di Atri e presenterà alcune opere presenti all’interno di grande valore; la seconda presenterà la sua magnifica bellezza, i 101 affreschi del pittore abruzzese Andrea Di Litio; la terza presenterà le ulteriori meraviglie ivi contenute. Si parte!

Atri, trimillenaria città d’arte dell’Abruzzo adriatico, fu fondata intorno al XII-XI secolo a.C. e al tempo nella zona della concattedrale sorgevano delle mura ciclopiche, che cingevano la città e quando i Romani la conquistarono nel 290 a.C., fecero la fortuna della città, ingrandendola, abbatterono le mura e nell’area occupata oggi dalla concattedrale, costruirono un tempio dedicato ad Ercole. Successivamente, vi fu costruita una domus e, tra il I e il II secolo d.C., le terme, sotto il quale furono costruite le cisterne ancora oggi visitabili (le cd “cripta” che si trovano sotto la chiesa). Intanto ad Atri si era diffuso il Cristianesimo e c’era bisogno di un luogo di culto, che fu costruito sulle rovine delle terme romane, utilizzando i materiali di questo per la costruzione: nacque così l’Ecclesia de Hatria, chiesa, eretta probabilmente nel IX secolo, piuttosto piccola e se ne ha menzione per la prima volta in un documento di Ottone I (958) ed è abbastanza facile pensare che occupasse l’area dell’attuale duomo. La comunità crebbe e nell’XI secolo, demolita quella precedente, fu costruita una chiesa grande come l’attuale duomo, ma più bassa e a cinque navate (i resti della suddetta chiesa si ammirano ancor’oggi all’interno della concattedrale) che si arricchì di opere d’arte, andate però perdute (tranne un frammento di ambone oggi al Museo Capitolare di Atri e l’altare).

Riepilogando, la costruzione della chiesa fu avviata prima del 1100 e costruita o ricostruita a partire dal 1260 circa e finita nel 1305 sull’Ecclesia de Sancta Maria de Hatria (IX secolo), ad essa consacrata (Santa Maria di Atri) e poi a Santa Maria Assunta, a sua volta costruita su una cisterna romana che ne divenne cripta, costruita a sua volta su un tempio di Ercole poggiante su antichissime mura ciclopiche tuttora visibili nella cripta. Questa è la genesi della basilica concattedrale di Santa Maria Assunta della diocesi di Teramo-Atri (in dialetto la cattdral), che con la sua maestosa ed imponente facciata, oltre che essere uno dei monumenti-simbolo dell’Abruzzo, è monumento nazionale dal 1899, concattedrale e duomo di Atri, uno degli esempi più belli di architettura medievale in Abruzzo.

La nuova chiesa, citata nella bolla di papa Innocenzo II fu affidata ai monaci cistercensi che costruirono il convento. Nel 1335, sul lato sud, fu edificata anche la chiesa di Santa Reparata, modificata nel Cinquecento. Ancora oggi, al di sotto della chiesa si trova una grande cisterna romana quadrata risalente alla prima metà del III secolo a.C.. Nel II secolo d.C. al di sopra della cisterna venne costruito un edificio termale articolato in due sale, una delle quali contenente una vasca esagonale. Di questa costruzione restano tracce di pavimento a mosaico in tessere bianche e nere raffiguranti pesci ed animali marini. Si può supporre che in età altomedievale venne realizzato su di essa un edificio di culto al cui interno la vasca assunse la funzione di fonte battesimale seppure in un’insolita posizione, vicino al presbiterio.

Questo nuovo organismo inglobò e sfruttò le strutture romane ancora esistenti attraverso opere di restauro e rifacimento ed a sostegno di quest’ipotesi restano numerose tracce come i piani di calpestio, resti di tombe altomedievali nell’area del chiostro, frammenti di scultura dell’epoca, oggi conservati presso il Museo Diocesano ed un’antica tradizione ariana che indica la cisterna romana con il nome di “Santa Maria Vecchia” che era il nome di un antico luogo di culto. Per tutto il medioevo fu utilizzata come luogo di celebrazione delle funzioni, come cripta annessa alla chiesa sovrastante alla quale era collegata mediante una scala realizzata in epoca imprecisata ed oggi non più esistente. Da un documento del XV secolo si può dedurre che essa veniva sfruttata come cimitero dei canonici e si desume ciò dalla presenza all’inizio del Novecento di un piccolo vano adibito ad ossario.

La concattedrale di Atri è una delle sette chiese al mondo ad avere una Porta Santa e la correlata indulgenza plenaria. Non si sa quale papa concesse questo privilegio, forse Celestino V (la cui madre era di Atri) o Bonifacio VIII, ma ancora oggi la Porta Santa viene solennemente aperta alla presenza di migliaia di persone il 14 agosto e chiusa 8 giorni dopo, il 22 agosto, sempre alla presenza del vescovo. Il Gavini (Gavini, 1980) avanza un’ipotesi su questa costruzione: nel corso del XI secolo venne edificata una grande chiesa benedettina, a tre navate, portata a termine nei secoli successivi, un’opera mista di mattoni e pietra concia su cui si aprono un portale e quattro finestre, che presenta caratteri stilistici vicini quelli di San Liberatore a Maiella, tra cui spicca il motivo delle palmette a pannocchia, tipico della scuola liberatoriana. Per cui si può presumere che la fondazione della chiesa è legata alle maestranze discendenti da San Liberatore e limitata alla muraglia presbiteriale e alla cripta sottostante. A concorrere alla grande opera intervennero anche le maestranze di Casauria che hanno lasciato la loro firma nella eleganza delle decorazioni e nei bellissimi capitelli a foglie di palma. I due stili, quello borgognone, che sulla fine del XII secolo trovava espressione nell’abbazia di San Giovanni in Venere, e quello casauriense, si avvicendano e si alternano nella zona presbiteriale senza mai confondersi o mescolarsi e mantenendo distinti i loro rispettivi caratteri. Alla stessa epoca risale il monastero costruito dietro la chiesa di cui si conserva il chiostro, che è il più antico della regione.

Ma quante meraviglie al suo interno: l’intera costruzione è realizzata in blocchi squadrati di pietra, arenaria e puddinga e con il riutilizzo di qualche frammento antico. Il portale, datato 1305 e fu realizzato da Rainaldo d’Atri. La chiesa contiene anche molte opere scultoree come l’acquasantiera di fine XV secolo, molto originale per la figura femminile, una popolana, che sostiene la vasca dell’acqua, scultura, che era stata concepita per una fontana pubblica e poi trasferita in chiesa. Di epoca romanica è la conca con quattro leoncini a bassorilievo collocata all’interno del fonte battesimale. Al di sotto degli strati di pavimentazione seicentesca è stato rinvenuto un pavimento in cotto a sua volta costruito su un pavimento in mosaico romano che copriva la zona corrispondente alla navata centrale datato al II secolo d. C., probabilmente appartenente all’impianto termale romano come rivela anche il soggetto prevalentemente marino. Questi resti antichi sono in mostra al di sotto di una pavimentazione trasparente. Il 12 settembre 1964 la cattedrale fu elevata a basilica minore da papa Paolo VI, il 30 giugno 1985 ha avuto la visita di Papa Giovanni Paolo II che celebrò messa alla presenza di migliaia di persone provenienti da tutto l’Abruzzo e il 30 settembre 1986 la chiesa di Santa Maria Assunta cessò di essere cattedrale per divenire concattedrale.

La facciata presenta un grande portale, un grande rosone e una nicchia con una statua della Madonna con Bambino di Raimondo del Poggio e Rainaldo d’Atri (capostipiti della florida scuola di scultura e pittura detta “Atriana”); sul lato sud si aprono tre portali del XIV secolo, importanti esempi di gotico in Abruzzo: il primo ricco di colonne, capitelli e con la raffigurazione di due fiere, con sopra un magnifico rosone a ruota di 12 raggi, uno dei più pregiati d’Abruzzo d’autore ignoto, la Porta Santa, e il terzo di Raimondo del Poggio, il secondo di Rainaldo d’Atri. Un’altra eccellenza è il campanile, il più alto d’Abruzzo (ben 57 metri), visibile da più punti, dai centri della costa adriatica a quelli delle vallate circostanti, che fu iniziato forse nel 1264. Ha un’ interessante decorazione della parte superiore, fatta soprattutto di formelle di ceramica dipinta provenienti dalle prime botteghe ceramiche di Castelli. La cella campanaria ha ben 7 campane, ognuna con nome diverso e con un’iscrizione che le contraddistinguono: il campanone, la mare, la sole, la vure, le cincipà (due campane chiamate precisamente la cima e la cinciarella), la parrocchiale. Si può salire sul campanile dall’interno della chiesa (con autorizzazione) tramite una serie di 147 gradini e affacciandosi sulle varie aperture e finestre, durante giornate limpide e con un buon cannocchiale, si possono arrivare a vedere le Alpi Dinariche (distese tra Bosnia, Montenegro e Albania). Il campanile ha la particolarità di avere quasi tutta la base, all’interno e non all’esterno per consentire di suonare le campane ed evitare all’addetto di uscire. Anche la base del campanile fu decorata da una serie di affreschi, di cui oggi rimangono alcune tracce di una Santa Lucia del XV-XVI secolo; due Sante Monache della fine del Quattrocento e dentro nicchie dipinte rinascimentali, opera di artisti abruzzesi; Santa con palma, un pezzo di affresco con il busto di una santa (mancante di testa) del Trecento. In prossimità vi è anche un pregevole battistero rinascimentale  del 1503, in marmo con struttura a baldacchino, decorata da fiori, elementi vegetali e vasi tipici dello stile rinascimentale lombardo costruito nel 1503 da Paolo de Garviis di Bissone, scultore lombardo-svizzero sceso in Abruzzo dove aveva fatto fortuna e la Cappella Arlini (1618), con una tela di scuola napoletana dello stesso periodo, luogo di preghiera della famiglia Arlini, potente famiglia di commercianti lombardi trasferitasi ad Atri, unico altare in stile barocco primitivo in legno rivestito d’oro, eretto nel 1618 con rimandi all’arte rinascimentale, ancora rimasto integro, purtroppo gli altri si rovinarono e furono demoliti durante i lavori di restauro del 1954-1964: solo l’altare dell’Assunta fu distrutto perché ostruiva la visione delle finestre romaniche. Il fonte battesimale, splendido, in stile rinascimentale, contiene la bacinella con l’acqua santa realizzata nel Duecento da artisti atriani. Resti della primitiva chiesa di Sancta Maria de Hatria, che aveva le stesse dimensioni dell’attuale, sorgeva nello stesso punto ma era più bassa e a 5 navate e si riferiscono alle due abisidiole delle due navate sinistra. Si conservano una vasca esagonale, che apparteneva forse ad un macellum, altri resti inerenti alle terme e alcuni mosaici a tessere nere datati al II secolo d.C.. Il presbiterio o il coro dei canonici, così chiamato o più semplicemente coro, perché qui prendevano posto i canonici del capitolo del Duomo, è una struttura rialzata tramite alcuni gradini dal piano delle navate in cui è collocato l’altare, su cui viene celebrata la Messa che fu costruito nella seconda metà del XII secolo in marmo, interessante esempio di scultura romanica, che rimanda alle decorazioni più note della chiesa di San Clemente al Vomano. L’autore è un certo ‘Raulino’, che si firma: Raulino me fecit.

La Cappella del Santissimo Sacramento è l’unica cappella presente nel Duomo, semplice e così piccola da ospitare solo l’altare (con le panche fuori) che ospita il prezioso tabernacolo con il Sacramento eseguito da artisti di Rivisondoli nel Settecento. L’organo antico e porticina, realizzato da artisti delle Marche nelle 1547, fu distrutto durante i restauri degli anni cinquanta-sessanta e sostituito con uno delle stesse dimensioni del precedente ma di qualità inferiore, con le sue 6000 canne, è sempre stato l’organo più grande dell’Abruzzo. Vi è anche una serie di cappelle rinascimentali (in realtà sono solo altari chiamati tutti cappelle): la Cappella de Corviisn (1503, Paolo de Garviis), altare minuto e semplice della famiglia de Corviis,o (italianizzando) dei Corvi, nobile famiglia atriana che nel 1577 ebbe il privilegio di costruire la loro “cappella”/altare. La Cappella di San Nicola dei Sarti; la Cappella degli Acquaviva, eretta nel 1503 dal Duca Andrea Matteo III Acquaviva, impreziosita da una tela di scuola fiorentina del XVII secolo, ora al Museo Capitolare. Abbiamo poi la navata destra o Cappella Acquaviva (Altare di Sant’Anna), (l’altare odierno è in mattoni ed è una copia dell’originale) della famiglia Acquaviva, la famiglia più potente di Atri e di tutto il suo vasto ducato (che occupava buona parte dell’Abruzzo e della Calabria, oltre a un piccolo territorio nelle Marche e le città di Popoli, Caserta e Conversano), costruito in marmo tra il 1502 e il 1503 da Paolo de Garviis per volere di Isabella Piccolomini, moglie del duca di Atri Andrea Matteo III Acquaviva (l’esponente principale di questa famiglia): in quegli anni il duca era in prigione per aver parteggiato gli spagnoli durante la guerra per il trono di Napoli in cui vinsero i francesi e la moglie Isabella fece erigere un altare di famiglia in duomo come voto alla Madonna e a sant’Anna per liberare il marito. Gli atriani però, che avevano sempre mal sopportato il governo degli Acquaviva che li avevano privati dell’antica libertà comunale, non tollerarono che il duca facesse erigere un altare di famiglia proprio in duomo e così entrarono nella chiesa armati e distrussero buona parte dell’altare. Nel 1505, il duca Andrea Matteo III, liberato tornò a capo del ducato di Atri e venuto a sapere dell’accaduto, punì severamente tutta la popolazione, dal più povero al più ricco, facendo pagare la somma necessaria per la ricostruzione dell’altare che fu affidata di nuovo a Paolo de Garviis. Notevoli anche l’antisacrestia e sacrestia con varie opere d’arte con raffigurazioni di santi, i 3 grandi cassettoni lignei e intagliati del Settecento, un lavabo da sacrestia della fine del XIX secolo, 4 tele del Cinquecento-Seicento, San RoccoL’Adorazione dei Pastori, Madonna con Bambino e santi (molto deteriorata); l’Immacolata Concezione del 1780 circa eseguita secondo molti critici da Giuseppe Prepositi.

L’altare (Cappella succitata) di san Nicola dei Sarti eretto nel Cinquecento, in stile rinascimentale in pietra calcarea apparteneva alla confraternita di san Nicola dei Sarti. La tradizione vuole che un mercante arabo, nella seconda metà del XV secolo, doveva venire dall’Oriente per affari ad Atri e durante il viaggio si imbatté in una forte tempesta e nonostante fosse musulmano, fece voto a san Nicola che se lo avesse fatto arrivare sano e salvo al porto si sarebbe convertito e avrebbe eretto un altare in suo onore. Arrivato sano e salvo al porto di Cerrano (l’antico Porto di Atri), chiese di essere battezzato nella chiesa di san Nicola accanto al porto; salito ad Atri, dopo aver fatto fortuna, spese i soldi guadagnati per far costruire un altare in onore di san Nicola nella concattedrale di Atri. L’altare fu affidato ai sarti della città, che si associarono dando vita alla confraternita di san Nicola dei Sarti che poi ricostruì l’altare nel Cinquecento e che si estinse tra Seicento e Settecento. La parte centrale dell’altare presenta una tela della Madonna con Bambino tra angeli e i santi Nicola vescovo e Omobono patrono dei sarti e con il classico abbigliamento dei sarti dell’epoca (detta Madonna delle Grazie) di un abile pittore romano di fine Settecento in stile neoclassico. In basso si trova una veduta della città di Atri, con i campanili della chiesa di sant’Agostino e santa Maria Assunta e la cupola di santa Reparata. L’interno della chiesa è a tre navate con una serie di colonne medievali con splendidi capitelli medievali.

FINE PRIMA PARTE.

FONTI

http://www.comune.atri.te.gov.it/pagina2238_monumenti-e-chiese.html        –    wikipedia

Foto by Abruzzomania