Eccellenza d’Abruzzo n. 23 – Lettomanoppello (PE): la Piccola Carrara, paese degli scalpellini

“Dormivano mescolati i carrettieri di Letto Manoppello, grandi e panciuti” G. d’Annunzio, Le novelle della Pescara, 1902. Oggi sale sul trono delle Eccellenze d’Abruzzo il singolare bel paese dell’area settentrionale della Majella, Lettomanoppello, luogo dove l’arte della pietra e il fascino della natura vanno a braccetto! La Natura ha un ruolo fondamentale nell’economia di questo paese di origini medievali disteso ai piedi della Majella, la grande madre,  il massiccio costituito da rocce calcaree emerse circa 5 milioni di anni fa, dal fondo dei mari dove si erano accumulate nel corso degli ultimi 100 milioni di anni con una lenta deposizione degli scheletri di organismi marini, la montagna sacra per eccellenza per tutti i popoli che vivevano e vivono in simbiosi con lei. Infatti le risorse naturali dei pascoli montani e di quello che la montagna poteva offrire direttamente cioè “la pietra”, nuda e cruda, ha rappresentato in passato e  in parte anche oggi l’economia prevalente  e … ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 282 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo, anche il più piccolo.

Lettomanoppello si trova calato all’interno di questo meraviglioso ambiente naturale privilegiato e ricco di risorse, dove l’uomo sin dall’antichità, dapprima con l’uso della pietra per realizzare strumenti per la caccia (Paleolitico), poi per la costruzione di capanne in pietra a secco (tholos) per ripararsi, per aspetto sono simili ai nuraghi sardi o ai trulli pugliesi, ed infine con la lavorazione della pietra per le costruzioni, ha saputo sfruttare sapientemente questo materiale traendo da esso materia prima per vivere. Luogo quindi, dove si è da sempre praticata la lavorazione della pietra, antica arte tramandata da padre in figlio, che caratterizza la tipica figura degli “scalpellini“.

Ma perché proprio qui c’è la patria degli scalpellini? Intorno all’anno 1000,  nella zona compresa tra Serramonacesca e Tocco da Casauria si stabilirono i benedettini e probabilmente per la costruzione di queste grosse Abbazie giunsero esperti scultori da altre regioni, come la Toscana e anche da paesi d’oltralpe come quelli della scuola monastica Cluniacense o i Cistercensi. L’artigianato si sviluppò così a tutti gli effetti come attività prevalente già dal XVI secolo, quando con il rifiorire dell’industria armentizia nell’Italia meridionale, si sviluppò nuova ricchezza e prese così piede il mestiere dello scalpellino.

 

Grazie a tutto ciò, Lettomanoppello è diventato noto come il “Paese degli scalpellini” e tra il 1800 e il 1900 fu definito dai paesi limitrofi “Piccola Carrara”. L’importanza di questa località è legata strettamente alla lavorazione della pietra bianca e nera della Majella, destinata all’edilizia decorativa e all’arredamento, che in questi luoghi si presenta come elemento costruttivo molto usato e quindi fortemente caratterizzante. Passeggiando tra i vicoli del centro storico possiamo ammirare i portali, gli stipiti, le chiavi di volta, le mensole, le decorazioni e le bellissime fontane, elementi in pietra della Majella, sapientemente lavorati dagli scalpellini.

Fino al secolo scorso questo mestiere assorbiva oltre 1000 unità, tra addetti alle cave, sgrossatori e rifinitori, mentre le donne erano impegnate, come riferiscono le nonne, a trasportare sul capo canestre di pietra semilavorate dalla montagna ai diversi laboratori del paese.

Nel 1933, per incentivare quest’attività fu costruita, con l’aiuto del governo, una strada, affinché fosse facilitato il trasporto dei blocchi di pietra. In questo periodo fiorente, gli scalpellini, lavoravano nei diversi paesi dell’Abruzzo, costruendo e restaurando numerosi palazzi, monumenti e Chiese come il Castello di Celano, S. Maria d’Arabona, S.Clemente a Casauria, Collemaggio e la Fontana 99 cannelle a L’Aquila, San Liberatore a Majella, Chiostro e facciata della Cattedrale di Atri, i Palazzi storici di Tagliacozzo e Pescocostanzo, i Castelli di Capestrano, Bussi e Perano, Villa Clerici a Pescara, il Portale e rosone del Volto Santo a Manoppello, il Grand Hotel a Pescara, la Chiesa di San Francesco ad Atri.

Dopo la seconda guerra mondiale a causa dell’interruzione di tutte le costruzioni e dei restauri, pochi artigiani continuarono a lavorare la pietra; la crisi economica interessò tutta l’Italia e molti lavoratori, tra i quali molti lettesi, furono costretti ad emigrare in Belgio dove trovarono lavoro nelle miniere. Ridotti a pochi elementi, gli artigiani scalpellini, riuscirono a mantenere viva la tradizione di questo mestiere e a tramandarne i segreti fino ad oggi. Con la ripresa delle attività legate al recupero edilizio, ai restauri di centri storici e ai lavori di decorazione artistica, gli scalpellini operano ancora, e rappresentano la laboriosità e l’ingegnosità dei suoi abitanti.

Lungo la strada che va verso Passolanciano s’intravedono, sparsi nel territorio, i vari luoghi d’escavazione, le piccole cave oggi per la maggior parte chiuse. Quella situata a Costa dell’Avignone sta per essere riaperta con un progetto dell’Amministrazione comunale.

Ogni anno in paese si promuovono e organizzano attività culturali inerenti l’uso artigianale della pietra della Majella, tra cui la manifestazione “Dieci giornate in pietra”, che divulga, attraverso incontri internazionali sulla pietra locale, con esposizioni, laboratori all’aperto e dibattiti, l’importanza vitale dell’eredità degli antichi mestieri artigianali che da circa 2000 anni ruotano attorno al bene prezioso donatoci dalla montagna.

A Lettomanoppello la pietra oltre ad essere cavata per essere trasformata in blocchi di pietra e poi in manufatti, veniva cavata anche per essere utilizzata come materia prima per la produzione di bitume.
L’Homo Erectus che qui viveva ha lasciato resti a Costa dell’Avignone dove sono emersi reperti di industria litica levalloisiana, caratterizzati da un perfezionamento delle tecniche di lavorazione (officina) e schegge di tecnica clactoniana evoluta, di manufatti litici derivati da grandi schegge con piano di percussione obliquo. A Grotta S. Angelo è stato messo in luce un suolo del Paleolitico Superiore frequentato per un breve periodo, con focolari e materiale in situ.

Questa preziosa pietra ha la caratteristica di essere abbastanza tenera e bianca, quindi facilmente lavorabile, mentre quella nera è più compatta e lucidabile. I nostri antenati lo scoprirono presto sin dal paleolitico (cacciatori/raccoglitori), poi nel medioevo con gli scalpellini e infine nel 1700, quando con lo svilupparsi della transumanza e dei conseguenti traffici con la Puglia, vennero costruiti i “tholos”, capanne monocellulari pastorali costruite in pietra a secco, realizzati con la sovrapposizione concentrica di lastre di pietra calcarea. Curioso nome che trae origine dai sepolcri micenei (VI secolo a.C.) le cui tombe avevano una copertura ogivale; molto simili a quelli della Puglia (trulli), da cui probabilmente derivano e nel territorio lettese li troviamo in un’area ben precisa denominata “Piano delle Cappelle” che proprio per la notevole quantità di capanne, anche se non tutte integre, è stata denominata “Parco dei Tholos“.”

Ma oggi esiste ancora la “razza” degli scalpellini a tenere viva questa meravigliosa tradizione? Certamente, e per questo bisogna ringraziare quelli de “La Bobba” (il loro soprannome), Claudio Camillo e Antonio Di Biase che continuano a lavorare la pietra bianca della Majella. Figli d’arte (si risale al trisavolo, Antonio Di Biase (1853 – 1937), sono gli artigiani di Lettomanoppello rimasti aggrappati a questa straordinaria tradizione della lavorazione della pietra secondo i dettami della tradizione locale ereditata da quattro generazioni di scalpellini. Membri dell’Associazione Regionale Arte della Pietra (A.R.A.P. Abruzzo), la loro bottega è stata riconosciuta Scuola-bottega dalla Regione Abruzzo, punto d’incontro e di lavoro di molti scultori, abruzzesi e non.

Lettomanoppello, fatta per essere ricordata negli annali della storia!

Fonte

https://it.wikipedia.org/wiki/Lettomanoppello

http://www.comune.lettomanoppello.pe.it/

http://labobba.yolasite.com/

Eccellenza d’Abruzzo n. 22 – Barrea (AQ): la Perla del Parco Nazionale d’Abruzzo

Oggi sale sul trono delle Eccellenze d’Abruzzo lo splendido borgo autentico di Barrea, il più piccolo borgo medievale d’Abruzzo avvinghiato su uno sporto roccioso tra il Monte Greco e il Monte Meta, appellato la Perla del Parco Nazionale d’Abruzzo e … ricordo che di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 283 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo, anche il più piccolo.

Foto by Associazione TREe

Barrea, uno dei borghi più caratteristici del Parco Nazionale d’Abruzzo, con il suo centro storico  fondato intorno all’anno Mille che  si è sviluppato come borgo fortificato a partire da un nucleo originario costituito dagli edifici circostanti e dallo “Studio”, raro esempio di convento fortezza che fu edificato intorno all’anno Mille da monaci benedettini per scopi difensivi dopo la distruzione del monastero di S. Michele Arcangelo in Barreggio da parte dei saraceni, con i suoi meravigliosi scorci del borgo che raccoglie tra le sue due porte meraviglie racchiuse in pochi viottoli di pietra.

Foto by Associazione TREe

Esempio notevole di borgo fortificato abruzzese e di incastellamento a scopo difensivo tipico della fine del primo Millennio, in cui svetta il torrione dell’antico castello, fenomeno di sistema di difesa che nacque come reazione all’insicurezza causata dalle scorrerie dei Saraceni e degli Ungari.

Foto by Associazione TREe

La struttura urbanistica con i suoi affascinanti vicoli del centro storico, è rimasta sostanzialmente immutata nel corso dei secoli con fortificazioni, torri di avvistamento e una cinta difensiva formata da case-mura prive di aperture verso l’esterno e dotata di due soli accessi al borgo ben difesi,  la “Porta di Sopra” e la “Porta di Sotto“, che testimoniano un passato di guerre e assalti nemici di invasori.

Foto by Associazione TREe

“La visita del bel borgo offre tante delizie territoriali come gli spettacolari affacci sulla valle, meraviglioso quello sul lago di Barrea, e sulla “Foce”, una sorta di profondo canyon scavato nella roccia calcarea dal fiume Sangro e abitato da una variegata fauna. Da non perdere la visita del Castello Monumentale, il Castello di Barrea con due torri di avvistamento risalente all’XI secolo e la Fontana di Barrea.

 

Foto by Associazione TREe

Sicure eccellenze religiose sono la Chiesa del Purgatorio e la Chiesa del XIII secolo di San Tommaso Apostolo nel centro storico di Barrea, centro storico in cui è possibile visitare il museo Antiquarium della civiltà Safina dove è possibile ammirare reperti archeologici e funerari del VII-IV secolo a.C. rinvenuti nella necropoli della Vallis Regia, la Valle Regia in cui si trovano alcune delle più sorprendenti bellezze dell’Abruzzo“.

 

Foto by Associazione TREe

La valle che circonda il borgo era frequentata dall’antichità, come testimoniato dalle necropoli del VII e IV secolo a.C., con sepolture antichissime rinvenute nei pressi del lago di Barrea, attraversata anche dai Sanniti e dai Romani.

Per le antiche tradizioni, confezionato da artigiani del posto utilizzando spesso tessuti prodotti in loco, da sottolineare il costume barreano, il cui unico reperto è conservato presso il Museo delle arti e tradizioni popolari di Roma,  
Foto by www.lagodibarrea.com
Come non citare anche “la “Sagra degli Orapi”, che si tiene il 13 agosto di ogni anno nella panoramica “Piazza del Mammarino”, che attira ogni anno migliaia di turisti e persone curiose di conoscere questa specialità e di gustare i piatti tipici che la cucina locale rielabora fedelmente da antiche ricette. L’Orapo (Chenopodium bonus-henricus), importante tradizione della cultura pastorale di montagna, è uno spinacio selvatico di montagna che cresce in prevalenza in alta quota fino a 2000 metri e da secoli viene raccolto esclusivamente a mano. Non deve fare ancora freddo e bisogna salire prima che arrivi il caldo quando il manto bianco della neve comincia a ritirarsi. Solo in quel momento si possono raggiungere gli stazzi, tra i pascoli delle pecore, dove il suolo è ricco di azoto e di nitrati. I passaggi delle greggi concimano la terra e fanno nascere l’orapo, pianta ricca di ferro e di vitamina C cui le si riconoscono straordinarie proprietà. Le foglie e i germogli possono essere lessati e gustati come contorno, ma anche accompagnati a legumi (orapi e fagioli) o a “pasta povera” a base di acqua e farina (gnocchetti e orapi). “

Insomma tante belle e straordinarie cose da ammirare che come in una sorta di macchina del tempo fanno tornare indietro e rendono affascinante la visita di questo borgo autentico, Perla del Parco Nazionale d’Abruzzo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Barrea

 

 

Eccellenza d’Abruzzo n. 21 – Gessopalena (CH): il borgo medievale e la piccola Pompei

Quanti abruzzesi sono a conoscenza del fatto , ovviamente fatto eccellente, che in Abruzzo esiste uno straordinario luogo chiamato Piccola Pompei? Si, questo luogo esiste ed è possibile ammirarlo a Gessopalena che sale sul trono delle Eccellenze d’Abruzzo proprio con questa meraviglia … e ricordo che … di eccellenze abruzzesi ne abbiam censite ben 305, una regina per ognuno dei 305 comuni della nostra regione e mancano all’appello 284 Eccellenze, tutte già selezionate! Ogni paese d’Abruzzo merita di partecipare a questo concorso di Eccellenze d’Abruzzo, anche il più piccolo.

“La piccola Pompei,  il borgo abbandonato di Gessopalena Vecchia, oggi è trasformato in sito archeologico. Il paese fu distrutto con cariche di dinamite il 1º gennaio 1944 dai nazisti, essendo sulla linea Gustav
Foto by Associazione TREe
Attestato già dal periodo preromano il borgo raggiunse la sua espansione massima nel periodo Medievale intorno ad un castello distrutto che dominava la valle dell’Aventino, divenendo il centro commerciale più significativo di questa area.   
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Gessopalena sorge nella Valle del fiume Aventino, su un colle roccioso che domina la campagna circostante, caratterizzata da una grossa roccia che emerge dalla campagna detta la morgia. Il paese è anche indicato come Preta Lucente perché il suo antico borgo è tutto scavato nel gesso,un materiale affiorante lungo la valle dell’Aventino. Particolarità del posto è il borgo di Gesso: si tratta di quel che rimane dell’antico borgo medioevale del paese, oggi quasi completamente disabitato, che si propone al visitatore come una sorta di “Pompei” contemporanea.
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Famoso per le sue cave di gesso dalle quali deriva il toponimo, il paese conserva ancora molte testimonianze delle epoche passate. Il borgo medievale, arroccato su un masso detto “Pietra Lucente”, è interamente scavato nel gesso e costituisce, come detto, una sorta di piccola Pompei, in cui la vita si fermò a causa del terremoto del 1933.
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L’insediamento originario di Gessopalena risale circa all’anno Mille, come risulta da alcune citazioni contenute in antichi documenti. Il nucleo primitivo delle abitazioni sorse nella località detta Valle Sorda, ai margini del borgo che poi si insediò sulla rupe protesa verso la valle dall’Aventino, cioè in un luogo difeso dalla sua stessa ubicazione isolata e impervia.
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Il borgo, con ogni probabilità, era anche protetto da un castello, pure citato in documenti di antica datazione; si suppone che questo ulteriore elemento difensivo fosse situato nei pressi della Chiesa dell’Annunziata, di cui oggi restano poche tracce. Altre chiese esistevano nel borgo, dedicate a Sant’Antonio e alla Madonna del Rosario. Il nome di Gessopalena compare soltanto nel 1481, quando il paese passò nel dominio di Matteo di Capua, conte di Palena.
E’ un nome che fa chiaro riferimento alle numerose cave di gesso presenti nella zona, che diedero a lungo occasioni di lavoro e di guadagno agli abitanti, almeno fino agli ultimi anni dell’Ottocento. Vari eventi catastrofici colpirono Gessopalena nel corso dei secoli: nel 1850 una frana portò al collasso di tutto il centro dell’antico borgo, provocando una divisione in due dell’abitato. Poi un terremoto nel 1933 danneggiò gravemente il paese, inducendo i residenti ad abbandonare l’insediamento primitivo per spostarsi in una zona più sicura, intorno alla Chiesa di Santa Maria dei Raccomandati. Infine durante la seconda guerra mondiale altre distruzioni produssero ulteriori danni.
Foto by Associazione TREe
Oggi l’antico borgo è ridotto ad una serie di ruderi, sicché appare come una piccola Pompei abruzzese. Tuttavia può essere interessante visitarlo, osservando come le abitazioni di un tempo remoto avevano nel sottosuolo anche vani e altri annessi , ad esempio nicchie, scale, camini, ricavati scavando la roccia di gesso: un modo di sopperire alle scarse disponibilità economiche provvedendosi di un ricovero famigliare offerto, per così dire, dalla stessa natura.
Da ricordare nel diruto Borgo medioevale la rievocazione il Mercoledì Santo, in un’atmosfera di struggente pathos, della Crocifissione del Signore che la rende  meta continua di visitatori, attratti soprattutto dall’ambiente suggestivo, ove ,  si consuma la scena madre della celebre Sacra Rappresentazione della Passione.”
Alla luce di queste considerazioni, Piccola Pompei ma anche Piccola Sassi potrebbe essere un nome di accostamento appropriato.”
Fonte: www.comune.gessopalena.ch.gov.it